Mai dire Bandai (di Bionic Cummenda)
Signore e signori kyoto saba aranda a tutti e benvenuti allo scontro definitivo tra il Cummenda e il boss finale del retrogaming, un uomo che odia così tanto la nostra causa da volerci addirittura sbeffeggiare affrontandoci sul nostro stesso campo, stiamo parlando di Gennaro Olivieri conosciuto in nippone con il bit-ellonico nome di “Beat” Takeshi Kitano. Gennaro (che è anche il Santo di quelli giapponesi, come dimostrato da numerosi turisti che vanno a messa con la maglia del Napoli) dopo aver declinato il dolore umano in ogni sua forma a suon di fil rouge in Mai Dire Banzai, decise di rivolgere tutto il suo odio verso i videogiocatori del 1986 obbligando gli sviluppatori della Taito a creare “Takeshi no Chōsenjō”, ovvero tradotto letteralmente “Gioco in cui prolifera l’umorismo”.
Leggenda vuole che questo gioco sia nato dopo un delirio alcolico di Gennaro Olivieri che, non appena si ritrovò in mano la cartuccia di gioco completa, convocò l’Onorata Società della Yakuza per far smembrare a colpi di Katana tutti gli sviluppatori e impedire così a chiunque di terminare il gioco, salvo barattare i propri mignoli in cambio di qualche cheat inutile che sarebbe servito solo a prolungare la sofferenza nel tentativo di completare questo calvario videoludico. Ma noi non ci arrendiamo e partiamo a testa bassa al comando intransigente del Generale Putzerstofen per guidarvi verso la più grande (e orribile) impresa videoludica di sempre.
Direttamente dal Giappone, per voi animali…
Impara il giapponese con Hidetoshi Nakata
Per prima cosa sarete costretti a ripassare il giapponese, perché Beat Takeshi Olivieri si rifiuta di parlare altre lingue e vi vuole belli carichi sulla ideogrammatica.
Ma grazie al provvidenziale indulto di Lucianone Gaucci potrete rivolgervi all’intermittente traduttore di Nakata e sarete in grado di sconfiggere qualsiasi abbersajo.
Recupera il Famicom e fatti il codino.
Qui ci vuole l’originale Family Computer Nintendo dotato di microfono sul secondo pad, fondamentale per insultare Gennaro Olivieri e superare le sezioni di Karaoke che farebbero perdere i capelli anche al Fiorellone nazionale.
Ora, a patto che riusciate a superare questi apparentemente insormontabili ostacoli iniziali, potete far partire il gioco e affrontare i problemi veri della cultura giapponese.
Lost in Translation
I ciapet di Scarlett ci invitano ad introdurci nei pertugi più segreti di questo gioco. Appena entrati vi ritroverete davanti questa schermata.
I quattro cuori che vedete in basso sono la vostra energia, c’è una sola vita e se si muore bisogna ricominciare da capo. Esiste un sistema di password che vi permetterà di continuare ma state attenti a non litigare con il segretario che dovrà digitare la vostra password o vi ucciderà. Proprio così, si può morire ancor prima di aver iniziato.
“Iniziamo bene”
Non lasciatevi ingannare e dirigetevi verso lo start, qui inizia il gioco vero e proprio in pieno stile free roaming, tradotto: vagherete senza meta in una città dove tutti vogliono uccidervi, dai passanti fino al barbiere che si lascerà prendere la mano con il rasoio e vi sfigurerà peggio di Super Sloth. Non esiste nessuna trama, quindi non ci sono suggerimenti sul da farsi durante il gioco. Siete dei frustrati proletari e volete picchiare il vostro capo? Potete farlo ma verrete pestati a sangue dagli omini invincibili della security che vi spediranno dritti al game over.
Vi piace sgranocchiare gli stinchi arrostiti di qualche bifolco di campagna pseudo cristiano? Per voi c’è Grilled Mormons!
“Finger food e cristianesimo d’accatto.”
Preferite sperperare i vostri spicci in riviste porno e sbronzarvi al Karaoke Bar? Ne spenderete parecchi, non vedrete nemmeno una pagina censurata dei coscioni spalmati di Filadelfia di Kaori ma la sbronza vi farà miracolosamente avanzare nel gioco (l’alcool è sempre la soluzione).
Dopo essere svenuti sarete svegliati dallo scopettone di vostra moglie che tenterà di uccidervi mentre vostro figlio vi prenderà a calci. Inutile dire l’unica possibilità di salvezza è il divorzio, smollatele i soldi per gli alimenti e visto che ci siete andate dal vostro capo e licenziatevi per ricevere una buona uscita e investirla in un corso di Shamisen al Centro Culturale. Non sapete che cos’è lo Shamisen? Peccato, il gioco finisce qui. Per avanzare infatti dovrete recarvi al Pachinko, insultare la commessa, sventare una rapina e farvi regalare questo misconosciuto mandolino giapponese.
“Scopettoni e corna vissute”
Karaoke è bello te lo dice anche Fiorello
Ora tornate al Karaoke Bar dove vi siete ubriacati in precedenza e cimentatevi in una starnazzata canora. Qui arriva la parte più delirante: impugnate il secondo joypad e provate a cantate gli assurdi brani che vi verranno proposti. Il Karaoke non è mai stato così sexy.
“Se lo finisci facciamo un Hentai insieme.”
Se non fate pena verrete premiati con una mappa del tesoro da un misterioso vecchio. Per decifrarla avete diverse possibilità, tra cui quella di esporla per un’ora (reale!) alla luce del sole o immergerla per 5 minuti in acqua e soffiare dentro il microfono per rivelare il segreto più grande del gioco. Questo qui:
“Non ci capite nulla? Significa che siete ancora sani di mente.”
ORA ATTENZIONE! Picchiate a sangue il vecchio, apparentemente non c’è alcun motivo di farlo ma solo con la sua morte potrete uscire incolumi da questa tortura videoludica.
Siete finalmente pronti per partire, imparate la sconosciutissima lingua Hintabo, prendete la licenza per il Deltaplano e comprate un biglietto aereo per il pacifico del sud. Se avete fatto tutto correttamente il vostro aereo arriverà tranquillamente a destinazione, altrimenti sarete vittime di un attacco terroristico.
“Ustica!”
Vamos a la playa Nazi-Comunista!
Arrivati in Oceania approfittate del cambio favorevole dello yen ed evitate come la peste il Casinò: pari, dispari, rosso o verde alla roulette si perde! Non siam mica a Montecarlo, teste!
Ora che i vostri miseri risparmi sono al sicuro comprate qualche patacca di bigiotteria al duty-free, una borraccia e con la pistola in pugno decollate con il Deltaplano per affrontare lo sparatutto a scorrimento più difficile di sempre.
Dovrete schivare i pinguini volanti e gli Ufo spostandovi sullo schermo solo verso il basso, ma non potrete riprendere quota salvo planare sulle rarissime raffiche di vento che vi ritroverete sul percorso. Vi ricordate la mappa del tesoro rubata al vecchiaccio del Karaoke? Ovviamente no perché era incomprensibile, comunque o riuscite ad atterrare malamente sulla quarta isola che vi compare sullo schermo o sorvolerete la ridente terra del Nazi-Comunismo da spiaggia, che vi bombarderà con la sua flotta aerea di kamikaze UFO e successivamente vi farà schiantare addosso ad una montagna alta quanto l’intera schermata di gioco.
“Heil Sieg Compañeros!”
Chi cambia canale è un sacripante!
Vestiti come Pokoto-Pokoto siete infine pronti ad affrontare i cannibali dell’isola di Hintabo che non vedono l’ora di farsi un Gulasch con la vostra scatola cranica. Barattate la vostra vita in cambio di specchietti e perline comprati in precedenza e incontrate l’Eremita che vi indicherà la via verso l’ambito tesoro. Trovarlo è ovviamente impossibile, bisogna abbassarsi in un punto preciso della montagna oltre la giungla dei macachi assassini e successivamente schivare una congrega di comparse terribili che comprende scheletri, armadilli, scorpioni esplosivi, gorilla zombi e pirati.
Ci siamo! Se in precedenza avete trucidato il vecchiaccio nel Karaoke Bar potrete finalmente raccattare il tesoro e instaurare il vostro personale Dominio Economico, altrimenti se siete stati troppo misericordiosi il vecchio verrà a prendersi i vostri soldi e la vostra vita, regalandovi un Game Over proprio ad un passo dalla vittoria.
Il tutto si conclude con lo sfottò finale di Beat Takeshi, una gloriosa conclusione per l’impresa più sconclusionata del panorama videoludico.
Vogliamo celebrare questa colossale sfida commemorando la fine del protagonista del capolavoro di Kitano “Getting Any?”: lo squinternato vuole trovare un’auto spaziosa per imboscarsi con qualche mandrilla e finisce per essere trasformato in uomo-mosca dall’Associazione Cinese dell’Uomo Invisibile, finendo i suoi giorni spiaccicato su una montagna di…..della materia di cui sono fatti i vostri stronzi.
つづく
Una risposta a "Takeshi no Chōsenjō (1986)"