Uè Animali! Un motorizzatissimo Cummenda vi invita a bordo della sua limousine retroludica per brindare insieme con calici di 98 ottani e sigari rigorosamente non catalitici. Dopo i secoli bui del Presidente abbronzantissimo e della sua segretaria demoaristocratica dai grandi e cervini palchi ritorna finalmente il Dominio Economico da pole position: il toupè più amato dalle ex-mogli e da Cesare Ragazzi ce l’ha fatta e noi, memori della discesa in campo del Fu Cavaliere Mascarato, non possiamo che esaltarci celebrando il funerale delle auto alimentate a scoregge e dei camioncini targati ENEL. Tornano i petrodollari e si sgasa pesantemente sulle highway con la Melania ben salda sulla leva del cambio, alla faccia del riscaldamento globale, della storia, della geografia e delle cinesate. Ocio però! Non fate decollare subito il vostro skyscraper, ricordate che anche quelli che fanno diventar strabici gli autovelox hanno cominciato da ground zero, la via che conduce alle stelle è sempre costellata di insidie e prima di impennare con il Lamborghini dobbiamo tutti imparare a derapare col triciclo. E’ doverosa dunque questa retrospettiva dedicata alle origini dei giochi di corsa, in un novembre bit-ellonico all’insegna delle macchinine giocattolo, dei kart dalle sospensioni italo-idrauliche e dei macchinoni che lottano sensuali nel fango tra languide sportellate. Freno, frizione, prima marcia e senti come nitrisce sto muscolo rosso Ferrari!
Sigla! (V.M. 18)
METTI LA PRIMA: DALLE STALLER ALLE STELLE
Il 1973 è l’anno in cui l’Italia dà il suo equino benvenuto alla cavallona ungherese Ilona Staller, uno nome che ci ricorda non solo le stalle, ma anche le stelle e soprattutto le stupefacenti strisce del bandierone amerrigano. Nell’anno in cui l’ultima missione Apollo sancisce la fine della corsa allo spazio, i fricchettoni neopatentati di Atari che solo qualche mese prima avevano giocato la prima pallina della storia dei videogiochi arcade con PONG decidono di sfidarsi tra le stelle e gli asteroidi nel loro secondo gioco di sempre: Space Race. Il gioco riprende in parte l’idea del primo cabinato arcade della storia, il visionario e totalmente funky Computer Space.

In Space Race, a differenza del suo nobile progenitore, non c’è nessuna Guerra Fredda Stellare. La corsa allo spazio si gioca unicamente in multiplayer, dove ciascuno dei due giocatori dovrà guidare un’astronave dalla forma fallica e raggiungere la cima dello schermo prima dell’avversario, senza schiantarsi contro gli immancabili e pixellosissimi asteroidi. Un piccolo passo per Atari, un grande passo per i videogiochi tutti.

CAMBIO IN SECONDA: FAN SERVICE LIVELLO “JUMP THE SHARK”

La Guerra Fredda nel mondo videoludico si è sempre combattuta tra gli amerrigani e quelli giapponesi. Non fa tempo a passare neanche un anno dall’uscita di Space Race che la Taito si mette in modalità fotocopia e fa uscire Astro Race, ovvero sempre la solita formula che comprende articoli maschili che schivano rocce nello spazio. E’ proprio l’onorevole Nishikado (che diventerà leggenda dei videogiochi astronautici qualche anno dopo con Space Invaders) a far atterrare per la prima volta i giochi di corsa sulle piste terrestri. Speed Race non solo sarà il primo gioco in pieno scrolling verticale, ma presenterà ai videogiocatori la periferica più amata e contemporaneamente odiata da tutti i piloti professionisti virtuali: il volante!

Il testa a testa per la pole position tra Taito e Atari continua con la versione Taito delle autoscontro in Crashing Race e Gran Trak 10 della Atari, con quella visuale a volo d’uccello che in futuro piacerà tanto a tutti i giocatori (e soprattutto alle giocatrici) di Micro Machines. Tuttavia in questa sfida tra due litiganti a godere è la campionessa di onanismo SEGA, che spacca il mercato e il fondoschiena dei suoi rivali con Road Race, il primo a dare quella parvenza di circuito 3D alla guida dell’automezzo piazzato in primo piano sullo schermo. Una formula che diventerà decisiva per tutti i titoli successivi, riadattata poi dalla stessa SEGA in cloni con differenti mezzi a motore sponsorizzati dall’endorsement di un ingellato testimonial, nientemeno che il ganzissimo Fonzie a bordo delle moto cross del paraculissimo Fonz.

SEGA chiude in testa la sfida degli anni ’70, ma in mezzo a questa bagarre i pirati di Atari compiono una manovra ai limiti del codice della strada: nel 1979 esce Head On, titolo SEGA dove due automezzi si sfidano in un labirinto blu a caccia di punti. Un assist impedibile per Atari e i suoi compagni di merende di Namco, che apriranno gli anni ’80 con il videogioco più famoso della storia che ha un po’ il sapore dell’asfalto blu elettrico di Head On.

UNA TERZA DA SEGA: OLTRE LE 88 MIGLIA ORARIE

Gli anni ottanta si piazzano in pole position sotto la bandiera a scacchi della Formula Uno. Dopo la partenza fulminea di Taito con Turbo, primo racing game con visuale in terza persona, la scuderia Atari con il suo pilota di punta Namco torna in testa con il trinomio che piace a tutti quelli che vogliono primeggiare in eleganza e stile. C’è il sole, c’è il whisky e ovviamente c’è anche Pole Position!

Ideato da Tōru Iwatani, il venerabile creatore di Pac-man e invincibile come lo shogun Mitsukuni Mito, Pole Position diventa immediatamente un classico, una sintesi di quanto di meglio era stato fatto fino a quel momento nella meccanica di precisione dei giochi di corsa, un record su pista che rimarrà imbattuto per anni e che riempirà le già esose casse di Atari con 61 milioni di dollari in gettoni d’oro da sala giochi. Un delirio di onnipotenza su strada arrivato poi anche nelle televisioni italiane, con macchinoni transformers e la versione Atari 2600 di KITT di Super Car.
Il 1983 segna la fine dell’epoca d’oro di Atari, la SEGA approfitta del fuoripista dei rivali per tornare alla ribalta con Hang On: stessa formula vincente di Pole Position ma questa volta su due ruote, con la possibilità per il giocatore di piegare in curva controllando una plasticatissima moto di dimensioni reali, una libidine pelvica in force feedback. Hang On è il primo di una lunga serie di successi di SEGA che culminerà poi con Out Run e chiuderà il decennio di nuovo sulle piste di F1 con Super Monaco GP. Ma mentre i ragazzoni della Service Games spruzzano champagne da tutte le parti per la vittoria annunciata sul fronte arcade, i loro acerrimi rivali Nintendo prendono le misure con il rudimentale 3D di Rad Racer e si preparano ad un sorpasso inaspettato.
NINTENDO INGRANA LA QUARTA: FALCON PUNCH

Gli anni ’90 cominciano con le strutture tridimensionali stile stuzzicadenti Mikado di Indianapolis 500, primo fondamentale parto in totale 3D su PC e Amiga dove la velocità dell’arcade veniva parcheggiata ai box in favore della simulazione. Una gravidanza fondamentale per le produzioni successive, ma evidentemente troppo lenta per i videogiocatori desiderosi di far impazzire il contachilometri senza dover marciare all’accompagno dietro una funerea safety car. Viaggiando contromano rispetto a questo realismo a senso unico, la Nintendo fece il botto con il più futurista degli assetti: motore mode 7, 16-bit di cilindrata e carrozzeria Super Nes per volare a 457 Km/h sulla Blue Falcon del Capitano sui trampolini di Mute City. E alla SEGA, muti!!

Non contenti di aver sfondato la barriera del suono con le astronavi da corsa di F-Zero, alla scuderia Nintendo venne in mente di mettere su strada anche tutta la cumpa del fan service di Super Mario, sbeffeggiando le pretese di simulazione della concorrenza a colpi di gusci koopa e bucce di chiquita. Super Mario Kart verrà ricordato come il terzo gioco più venduto della storia Nintendo, con più di 8 milioni di copie distribuite all around the world. Potrai anche avere la Mazda di Ridge Racer bella da dio come quella degli sbirri, ma n’do vai se la banana non ce l’hai?

QUINTA MAGGIORATA: GENTLEMEN, START YOUR ENGINES!
Il Dominio Economico Trumpiano di Nintendo era ormai realtà, ma gli ingegneri di SEGA non volevano arrendersi. La loro battaglia romantica e disperata votata a creare un titolo completamente poligonale in combo con la velocità TAV dell’arcade non poteva fermarsi ai buoni propositi del pionieristico Virtua Racer. Ci voleva quell’approccio spericolato ed arrogante del Ferrarino di Out Run, combinato alle curve pericolose della bionda americana stravaccata sul ribaltabile. SEGA tornò sulle strade americane in zona Daytona e, dopo aver chiesto cortesemente a tutti i gentiluomini presenti all’appello di far partire il loro motore alimentato a poligoni in full texture mapping, fece partire in orbita sull’ovale le sue Nascar high-class. E se non vi siete mai seduti su una di queste poltrone abbiamo solo due parole per voi animali: you’re fired!

Ci siamo, il traguardo si avvicina e SEGA è quasi arrivata, accolta da una folla di cabinati festanti che fanno tintinnare le loro ricchissime gettoniere in una standing ovation per l’annunciatissima vincitrice della corsa alla Casa Bianca del racing! Ma attenzione…frena! Chi ha parcheggiato in doppia fila sul gradino più alto del podio quel polifonico macchinone A-Spec targato Gran Turismo?

“See you later!”