Il Diavolo fa simpatia (di Bionic Cummenda)
Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori, le cortesie…e il nudismo. Comincia così Ghosts ‘n Goblins, il poema epico di Capcom dal titolo pieno di mostruosa ostilità e ritenuto uno dei videogiochi più difficili della sua generazione. A renderlo così indigesto erano anche i coiti molesti proposti dalla Principessa fetish Prin Prin, che invitava il nostro cavaliere naturista Arturo ad abbandonare la sua armatura di acciaio inox 18/10 forgiata nelle fucine di Mondial Casa per scatenarsi in una danse macabre di libidine necrofila tra i sepolcri dei Cari Estinti.

Proprio mentre tra i due iniziava a erigersi una corrispondenza di amorosi sensi tra corpi cavernosi in rigor mortis ecco arrivare lui, il principe dell’impudicizia Satanacchia, a interrompere le smanciose onoranze funebri di Arturo e Prin Prin per ricordare loro il titolo originale della serie: Makaimura, viaggio nel mondo demoniaco. Il Diavulo, si sa, veste Prada e anche Praga, con le sue stravaganze alchemiche e gotiche tra guglie e garguglie. Ed è proprio una di queste gargolle il personaggio più insidioso del Makaimura, uno sgorbio rosso volante che si fa beffe di quel cornuto di Arturo rimbalzando a destra e sinistra sullo schermo di gioco.

Questo ghignante diavolaccio è conosciuto come Red Arremer e, come succede spesso per tutti gli eccentrici antagonisti che eclissano i noiosi e barbosi protagonisti, divenne il testimonial dell’universo di Ghosts ‘n Goblins sostituendo Arturo Mastrota e le sue corazze a pressione in una serie di seguiti di grande successo, culminati in un granguignolesco action-platform per Super Nes: Demon’s Crest!
E ora una breve introduzione culturista con la voce del Governatore Terminator Schwarzenegger:
Trama

Leggende narrano che il mondo era un tempo diviso in due, proprio come accade nella penisola italica separata dai liquami fetidi del monosillabico Po tra Padania e Calabria Saudita. Nello specifico la divisione separava due terre abitate l’una da laboriosi e bigottissimi umani e l’altra da invidiosi e mafiastofelici demoni.

Un giorno arrivarono dal cielo dei misteriosi fondi di una non meglio precisata Comunità Europea a favore delle popolazioni disagiate della Terra del Diavolo. Impossibilitati a convertire i gettoni d’oro della BCE nella svalutatissima moneta di contrappasso del Governatore della Banca d’Infernalia Caronte, gli eurocrati decisero di trasformare gli incentivi in sei pietre magiche, rinominate poi Creste per venire incontro all’attitudine punk e autodistruttiva dei satanisti della Bassa.

Fuoco, Terra, Aria, Acqua, Tempo e il Paradiso. Tutte cose che, fatta eccezione per le prime due, non si erano mai viste in un mondo afflitto dalla siccità, dai ritardi dovuti all’assenteismo e dalla passione irrefrenabile per l’edilizia cementata con la carne umana. Tutto poteva soltanto risolversi in una spietata guerra tra clan, un mosh pit di dimensioni apocalittiche dal quale sarebbe emerso un solo vincitore, un po’ come quando ti trovi a un concerto delle Rockbitch e sgomiti sulla faccia sudata del pachiderma vicino facendoti largo pur di accaparrarti il goldone, finendo la serata nel backstage a far suonare il tuo piffero a tutte le musiciste.

E vincitore fu: Firebrand, alter ego del demone Red Arremer di Ghosts ‘n Goblins e ora felice possessore di ben cinque Creste. Ne mancava solo una, la Cresta del Paradiso, in possesso del tirchissimo Demone Drago Somulo. La battaglia che ne seguì si trasformò uno scontro senza esclusione di colpi, roba da derby Foggia-Bari con tanto di modulo kamikaze a quattro attaccanti e zero difensori inspirato alle imprese di un altro noto diavolo vestito di Praga: Zeman. Firebrand riuscì a stendere il biscione draconico a caro prezzo, si era guadagnato il suo Paradiso Perduto ma, come a seguito dei concerti più massacranti di quei crostoni degli Exploited, il nostro demone rosso come il Gabibbo finì la contesa spompato e privo di energie, scoprendo così il fianco (e i ciapèt) al suo rivale di sempre: Phalanx!

Firebrand venne privato di tutti i suoi trofei diventando l’ennesima vittima di Calciopoli. Per infierire sul suo rivale di sempre Phalanx decise di sbattere Firebrand in una macabra prigione-colosseo dove avrebbe combattuto in eterno contro lo zombie del drago Somulo. Ma Phalanx ignorava un piccolo dettaglio: Firebrand aveva ancora con sé la Cresta del Fuoco, ed era pronto a usarla in maniera impropria per bruciare l’impero del suo rivale con la furia piromane guidata da decenni di tradizione nella nobile arte degli incendi dolosi.

Gameplay 8

Demon’s Crest è il successore dei due titoli Capcom che avevano già fatto fortuna sulle precedenti piattaforme Nintendo, ovvero il primo “Gargoyle’s Quest” uscito per Game Boy e il suo seguito per NES. Riprendendo lo stile dei suoi predecessori Demon’s Crest si presenta come un movimentato action-platform con elementi che farebbero rizzare i canini a tutti gli emofiliaci appassionati dei metroidvania. Dopo l’indemoniata introduzione potrete prendere dimestichezza con i comandi di Firebrand facendo pratica nell’arena-prigione con uno sparring-partner gargantuesco: il drago-lich Somulo.

Oltre a zompare con il tradizionale salto Firebrand può anche rimanere in sospensione grazie alle sue ali dell’entusiasmo, attaccando i nemici con sputazzi di fuoco in sequenza. Niente salti sulla testa degli zombie o scoordinate mosse di Liscio per afferrare i ghoul e farli volteggiare a ritmo di Raul Casadei, Firebrand è un demone schizzinoso e raffinato che rifiuta il contatto fisico con quei plebei dei mariuoli nemici. Ma il nostro diavoletto è anche un gran casinaro e adora distruggere cose “toccandola piano” a colpi di testate di disprezzo in pieno stile Zizou “Cesare Ragazzi” Zidane. Addirittura potrete mettere alla prova la vostra testardaggine in un ricchissimo gioco a premi condotto da una versione suina e diabolica di Gerry Scotti che, incredibile ma vero, vi sembrerà più magro da porco-diavolo che nella sua consueta e ingombrante incarnazione di pachiderma televisivo.

La Corrida delle craniate sarà solo uno dei luoghi che potrete visitare esplorando la mappa in Mode 7, sulla quale sorvolare alla ricerca di stage nascosti. Questa caratteristica di rudimentale free-roaming consentirà di affrontare i livelli di gioco in differente sequenza a seconda delle scelte del giocatore, in più per recuperare tutti gli items dovrete necessariamente tornare sui vostri passi e percorrere differenti sezioni dei vari livelli, che saranno accessibili solamente una volta recuperata la Cresta specifica e utilizzando i nuovi poteri acquisiti da Firebrand.

Oltre alla prima Cresta del Fuoco già inclusa nella confezione sarà necessario trovare le restanti cinque e acquisire le straordinarie trasformazioni con tanto di optionals esclusivi per il nostro gargoyle Firebrand. C’è il Gargoyle dell’Aria abile e arruolato nel volo planare e in ascensione, utile ad attraversare i livelli senza dover impiegare troppo tempo a distruggere i fastidiosissimi mostri. C’è il Gargoyle dell’Acqua che nuota come un Magikarp, il Gargoyle della Terra che abbatte i muri a spallate come Alex l’Ariete. E indovina chi c’è? C’è pure il Gargoyle Leggendario con i piedi di cobalto. Il Gargoyle Ultimate con i piedi tonnati in salsa Spuntì e con tutti i poteri miscelati. Sei ne ho inventati. Sono le gargolle della mia e della tua fantasia!

Grafica 8,5 e Sonoro 7,5

“Si respirano le atmosfere sulfuree e horror delle sanguinarie terre di Castlevania!”, diranno degli improvvisatissimi Van Helsing dal paletto non troppo appuntito. Prendi quel temperamatite e aguzza la Staedtler, testina! Ghosts ‘n Goblins anticipò Castlevania di un anno e di sicuro i Guerrieri di Strada della Capcom non devono nulla alle sanguisughe di Konami. Le citazioni a G ‘n G sono continue, a partire dal primo livello ambientato nel cimitero fino alle giare che contengono i power up che fanno ingolosire il nostro Firebrand.

Demons Crest spicca di certo nel character design, dove gli sviluppatori si sono improvvisati dei veri e propri scultori di ars macabra assemblando mostri e creature che farebbero venire i capelli bianchi anche a Sant’Ambroeus e al suo bestiario. Tra tutte queste bestie di Satana si distingue sicuramente il Generale Arma, mercenario al soldo delle palanche di Phalanx. Arma affronterà Firebrand ricorrentemente, come accadeva con Proto Man nella serie di Mega Man, e sarà necessario sconfiggerlo tre volte per terminare il gioco senza la brutta sorpresa di farsi ciulare la Cresta del Paradiso proprio dal diavolaccio con le ali da passerotto.

Le similitudini con Mega Man non si limitano solo alla presenza di un antagonista ricorrente e alle varie armi di Firebrand disponibili ogni volta che verrà sconfitto un boss e recuperata una Cresta. A dirigere il requiem funebre c’è Toshihiko Horiyama, autore delle futuristiche melodie di Mega Man X e prestato alle sinfonie gotiche da Diabolus in Musica di Demon’s Crest, delle quali ascoltiamo un grim and frostbitten medley doverosamente black metal!
Longevità 9

E qui arriva la Capcom che ci esalta. Da subito ci mettono a disposizione il casermone in cui poter sfidare il boss finale Phalanx, il problema è che senza i power up che aumentano la barra di energia, gli incantesimi e i talismani che potenziano le abilità di Firebrand sarà praticamente impossibile sconfiggerlo. La ricerca di tutti questi gingilli dovrà essere meticolosa quanto quella di chi cerca figa gratis al Cocoricò senza rischiare di dover svuotare il portafogli per finanziare secchiate di consumazioni.

E se non riuscirete a trovare tutti gli item potete scordarvi di accedere al livello bonus e affrontare la vera baghina finale di Demon’s Crest: il Dark Demon, una mostruosità che vi sorprenderà con le sue imprevedibili metamorfosi. Come succedeva per Ghosts ‘n Goblins, dove era necessario finirlo due volte per poter finalmente riprendere la trombata sui tombini con Prin Prin, anche in Demon’s Crest dovrete sudare parecchio per gustarvi l’harem delle succulenti succubi pronte a riempirvi la gargolla di creste, ovviamente di gallo.

Reperibilità\ Come cacchio ci gioco?

In media 150 petrodollari per la cartuccia, ocio che in giro è pieno di repro che cercano di spacciarsi per il gioco originale manco fosse l’aria di Napoli venduta come Fragranza dello Stige.

Concludendo
Dopo tutta questa apologia di satanismo, discriminazione territoriale, razzismo a favore della superiorità biologica dei Demoni sugli untermensch homo sapiens, istigazione al bullismo sugli storpi goblin, furia iconoclasta contro i Beni Culturali, profanazione del Camposanto col Vin Santo e il sempre ostentato orgoglio del Maschio 100% contro ogni insidia del succube femminazismo vi chiederete: ma il Cummenda è malvagio? L’unica cosa che possiamo affermare per certo è che ostenta un’eleganza esosa e che possiede una situazione patrimoniale che non riuscireste a eguagliare nemmeno con un seicentosessantasei al Superenalotto. Tuttavia, in questo mese dedicato al fascino del Male, vogliamo rispondervi alla maniera dei Laibach che, come noi, amano l’industria, la Confindustria, il paradosso e provano tanta simpatia per il Diaulo: “Bionic Cummenda is evil in the way Hitler was an artist.”
Citazione:
“Use the language of misunderstanding. Disguise it.”