Pokèmon Rosso/Blu, di cui ho parlato nella scorsa recensione, è stato solo l’inizio della Pokèmania che avrebbe agitato le folle per tantissimi anni a venire.
Quella per i piccoli mostri magici è una febbre che è rimasta a 40° per almeno un decennio e che tuttora è calata solo di qualche grado, dovendo cedere il posto a nuovi idoli e riferimenti culturali di massa, passando a tratti in secondo piano ma senza essere mai accantonata del tutto.
Un paio d’anni dopo i titoli di esordio arrivò Pokèmon Giallo. Il gioco nacque fondamentalmente sulla scia dell’anime, che nel frattempo aveva iniziato a essere trasmesso in tutto il mondo, facendo innamorare praticamente tutti coloro che lo vedevano e rendendo Pokèmon il fenomeno di massa che conosciamo.
Giallo infatti riprende le caratteristiche dei suoi predecessori per quanto riguarda trama e svolgimento ma applica qualche modifica, un po’ per renderlo più simile al tanto amato cartone e un po’ perché non potevano dire “Ok adesso che c’avete tutti la scimmia buttiamo fuori un titolo nuovo che tanto lo comprate sicuro”.
Quindi, tanto per cominciare, Giallo funzionava sul Game Boy ma era già proiettato verso il futuro e poteva essere giocato anche sul Game Boy Color, seppur con una palette di colori dotata della stessa varietà della vostra stampante quando finisce la cartuccia del magenta.
L’altra novità importante riguardava lo starter: in questo caso il protagonista non si trova a scegliere tra Bulbasaur, Squirtle e Charmander ma riceve un Pikachu di cittadinanza, che non sta nella Pokèball ma cammina sempre a fianco dell’allenatore. Durante il gioco è anche possibile interagire con lui e verificarne lo stato d’animo, che cambia in base all’andazzo delle lotte e all’interazione con il padroncino. Questa funzione, tra le più carine di tutta la serie, è stata ripresa in epoca next gen dal remake di Pokèmon Oro/Argento: in quel caso è disponibile non solo per Pikachu ma per qualunque Pokèmon si trovi al primo posto nella squadra.
Proprio come nell’anime, il giocatore riuscirà, con una fortuna sfacciata, a ottenere anche tutti e 3 gli starter, principalmente grazie ai regali di altri personaggi.
Pokèmon Giallo realizzò diversi record di vendita e i produttori si resero conto che ormai le possibilità rappresentate da quei 151 mostri tascabili erano state sfruttate tutte. Anche il film era stato fatto, i bambini tra cui la sottoscritta avevano inondato i cinema di lacrime e ritirato le loro carte da gioco esclusive per l’occasione: era il momento di infondere nuova linfa vitale a una saga che comunque non accennava a morire.
È il 1999 quando Pokèmon Oro e Argento vengono lanciati sul mercato introducendo 100 creature mai viste prima. Stavolta i giochi furono pensati principalmente per il Game Boy Color, giacché gli anni passavano e le tecnologie progredivano, offrendo nuove possibilità. La prima miglioria a saltare subito all’occhio riguarda i colori, che pur avendo la “nettezza” da cartone animato sono molto più variegati e verosimili rispetto al verde-azzurro perenne di Pokèmon Giallo.
Questa caratteristica fu sfruttata per introdurre una variante nel gameplay, ovvero i Pokèmon Shiny (in italiano “Pokèmon Cromatici”). Gli Shiny sono piuttosto rari da incontrare e spesso più potenti della loro controparte “classica”. Si riconoscono immediatamente perché sono di un colore diverso rispetto a quello ufficiale. Per esempio, il maestoso Gyarados anziché essere azzurro è di un rosso fiammante!
La ricerca degli Shiny ha sempre triggerato al massimo gli appassionati completisti, ma data l’impossibilità di trovare Pokèmon Leggendari Shiny, se puntate a completare il Pokèdex in questa modalità vi toccherà ricorrere ai cheat, diventando irrimediabilmente dei “baroni”.
All’inizio del gioco il protagonista, che questa volta parte da Borgo Foglianova, riceve, oltre allo starter a scelta tra Chikorita, Totodile e Cyndaquil, un Uovo. Lo stesso, dopo un certo numero di passi, si schiuderà rivelando di contenere Togepi, la mascotte super kawaii della seconda generazione e suggerendo un’altra nuova funzionalità: l’allevamento.
L’allevamento è estremamente utile per completare il Pokèdex ma anche per fare orribili esperimenti di eugenetica alla ricerca del Pokèmon perfetto. Molti Ditto sono stati sfruttati a questo scopo, essendo in grado di accoppiarsi con tutte le altre specie.
A circa metà del vostro viaggio troverete una Pensione Pokèmon gestita da una coppia di anziani. Qui, pagando una somma di denaro che aumenta in base alla permanenza, potete lasciare 2 Pokèmon che, se compatibili, si riprodurranno e potrete ritirare l’Uovo frutto dell’accoppiamento. Il “figlio” eredita diverse caratteristiche dei genitori, quindi in base a quello potete decidere chi far accoppiare e chi no. Generalmente i Pokèmon nati in questo modo sono più potenti di quelli selvatici.
Pokèmon Oro e Argento sono considerati da molti i titoli migliori dell’intera saga: laddove Rosso e Blu avevano gettato le basi, loro sono andati avanti introducendo un sacco di funzionalità che sono rimaste in tutti i titoli a venire, come quelle appena illustrate: qui nasce anche la tradizione di mettere i Pokèmon Leggendari in copertina.
Anche le lotte vengono arricchite: ora ai Pokèmon possono essere assegnati degli strumenti di diverso tipo, che possono esaltarne alcune statistiche di base o donare poteri speciali, come il diritto di essere sempre i primi ad attaccare. Vengono inoltre aggiunti i tipi Buio e Acciaio, che rimescolano gli equilibri e necessitano nuovi allenamenti per capire come sfruttarli al meglio.
Pokèmon Oro Argento è inoltre dotato di un calendario interno, che determina l’avvenimento di eventi speciali in base ovviamente alla data o alla differenza giorno/notte.
Tutte queste caratteristiche, che lette così possono sembrare solo un elenco noioso di specifiche, ebbero il merito di evolvere (manco farlo apposta) il gameplay di base, che si era rivelato più che vincente ma non poteva certo essere ripetuto all’infinito senza venire continuamente arricchito.
Così come era stato fatto con la prima generazione, anche la seconda aveva qualcos’altro da dire prima di lasciare il posto a una nuova serie. Nel 2000, anno che segna anche il confine della nostra competenza, Pokèmon Cristallo ha il compito di sancire una svolta, uscendo esclusivamente per Game Boy Color.
Cardine della trama è il cane leggendario Suicune, “fratello” di Entei e Raikou. Il titolo fu generalmente ben accolto ma ricevette anche alcune critiche, incentrate soprattutto sul fatto che non introducesse così tante novità da giustificarne l’uscita. Tra queste, abbiamo finalmente la possibilità di scegliere il sesso del protagonista, di incontrare l’Esperto Mosse, un simpatico signore calvo che può far imparare o dimenticare degli attacchi ai vostri Pokèmon, e di partecipare a sfide nella Torre Lotta. Questa funzione, simile allo svolgimento di Pokèmon Stadium, è piuttosto utile perché permette di ottenere item utili per la trama. Inoltre, le lotte che si svolgono qui sono decisamente più difficili di quelle che vi trovate ad affrontare nel gioco quindi è il luogo ideale per mettere alla prova le vostre capacità e vivere combattimenti stimolanti.
Che cos’è Pokèmon Stadium? È uno dei tantissimi spin-off della serie! Noi ci soffermeremo solo su quelli usciti fino al 2000, che sono ben 8 e si giocano su Game Boy o Nintendo 64.
Il primo in assoluto fu Pokèmon Trading Card Game, uno strano ibrido tra il videogame classico e il gioco di carte collezionabili.
La trama è praticamente la solita, con le sfide contro i Capipalestra e la gara finale contro i Superquattro, ma il tutto si svolge utilizzando una versione computerizzata delle vere carte da gioco. Mi sembra comunque un titolo trascurabile, considerando che non ha le funzionalità del videogame “base” né la possibilità di arricchire il mazzo con nuovi acquisti come le carte fisiche. Insomma, una sorta di versione che unisce le 2 modalità ma le castra entrambe.
Rivolto probabilmente a un pubblico davvero giovanissimo è “Hey You, Pikachu!”, una specie di Tamagotchi su Nintendo64 in cui, su richiesta del Professor Oak, dobbiamo testare un non meglio specificato dispositivo.
Dovremo quindi allevare un Pikachu dandogli indicazioni attraverso il microfono e interagendo con quei pochi altri Pokèmon presenti (17). Se saremo bravi, un anno dopo Oak deciderà che Pikachu è pronto per essere liberato.
Pokèmon Snap, sempre su N64, ha l’unico scopo di fotografare alcuni Pokèmon nel minor tempo possibile. Decidete voi se vale la pena provarlo o meno.
Decisamente più interessante Pokèmon Stadium, che consiste in un torneo di lotte. Potete trasferire i Pokèmon dai titoli principali della serie e utilizzarli qui, conquistando uno dopo l’altro i trofei previsti. Una specie di Mortal Kombat ma con le meccaniche di lotta dei Pokèmon! Uscito nel 1999, è stato seguito nel 2000 da Pokèmon Stadium 2.
Troviamo poi altri 3 giochi trascurabili, ovvero Pokèmon Pinball, Pokèmon Puzzle League e Pokèmon Puzzle Challenge che riprendono titoli conosciuti (il flipper e Panel de Pon, una specie di tetris) aggiungendo qualche piccola variante Pokèmonesca. Sicuramente carini da giocare ma di certo non fondamentali.
Si potrebbe scrivere un’enciclopedia sulla saga dei Pokèmon, che è capillare, campionessa di vendite, piena di curiosità ma oggi ho voluto soffermarmi esclusivamente sul lato videogiochi, ricordando i titoli che hanno posto i primi mattoni di questo grande impero mediatico.