Una disamina sul cyberpunk come va a me. (di Starfox Mulder)

Faceva caldo, la notte che bruciammo Chrome. Nei viali e nelle piazze le falene sbattevano fino a morire contro le luci al neon, ma nella mansarda di Bobby l’unica luce era quella del monitor e dei led rossi e verdi del simulatore di matrice. Conoscevo a memoria ogni chip del simulatore di Bobby: sembrava un normalissimo Ono-Sendai VII, il “Cyberspace Seven”, ma l’avevo ricostruito tante di quelle volte che sarebbe stato difficile trovare un millimetro quadrato di circuiti originali in quel silicio. ( La notte che bruciammo Chrome – W. Gibson)
Luci al neon, droghe sintetiche, innesti sottopelle, macchine volanti, androidi, megalopoli, sprawl, corporazioni, ambiente al collasso, cyberspazio, anarchici, la realtà come percezione…il cyberpunk fu un genere innanzi tutto letterario, che prese vita a metà degli anni 80 (decennio a cui gli sceneggiatori di hollywood accendono un cero al giorno per aver continuato a campar di rendita fino ad oggi) e si concretizzò grazie a due nomi: Gibson e Sterling. I due scrittori definirono il genere, ne raccontarono gli (anti)eroi e diedero vita a tutti i prodotti derivati: film, serie tv, fumetti ed ovviamente videogiochi, tantissimi videogiochi.
Io però un occhiata al tutto la darei sapete? Prima però: SIGLA!
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FILM
Il tema è sconfinato quindi mi auto limito: solo anni 80 e top 5.

BLADE RUNNER: Prima che esistesse il cyberpunk lui era già il cyberpunk, roba che prima era riuscita giusto ai Ramones col punk. Storia di un cacciatore di androidi che deve eliminare 4 sintetici la cui unica colpa è quella di voler vivere. Chi è il cattivo? Tu che non l’hai visto.

ROBOCOP: Paul Verhoeven è un maledetto anarchico che è sempre piaciuto ai fasci. Come mai? Ti piazza l’eroe sbirro e i giochi sono fatti, peccato che tutto il film sia un enorme parodia. Polizia controllata dalle multinazionali, spot con creme bluastre anti-ustioni, cattivi da fumetto e genialità continue.

AKIRA: Quando i giapponesi avevano capito tutto. Futuro post apocalittico, città ultrapopolata, esperimenti su bambini, poteri ESP e via che ci siamo. E’ una storia di amicizia, un allegoria del post seconda guerra mondiale subito dal Giappone ma soprattutto e il miglior anime cyberpunk degli 80es (poi uscì Ghost in the Shell).

TRON: Il primo film che trattava di cyberspazio in modo serio era della Disney. Non serviva il sangue per spaventarsi davanti al terribile sistema operativo senziente o essere dei retrogamers per gasarsi davanti alla sala giochi di Flynt. Tutta la fantasia legata all’ambiente informatico si era concretizzata con pesanti (per l’epoca) effetti speciali digitalizzati e una storia dal rimando starwarsiano che la metà bastava. Anche il poster palesemente copiato.

TETSUO: Di nuovo dal Giappone ma questa volta in carne e…metallo. Il regista Shin’ya Tsukamoto fa tutto da solo: regia, sceneggiatura, soggetto, produzione, fotografia, montaggio. Si fa giusto dare una mano da un pugno di attori e un musicista per questo delirio che vede la fusione del corpo umano con la macchina. Per stomaci abituati a Takeshi Miike.
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TELEFILM
Questa volta la cosa si fa semplice. C’è un solo telefilm che meriti il recupero e se avete pensato ad Altered Carbon siete così fuori strada da finire su Plutone.

MAX HEADROOM: Il giornalista d’assalto che svela le magagne dei potenti, la sua memoria dimenticata ricreata digitalmente dal giovane hacker ed un contesto distopico in cui è vietato spegnere i media. Lo stampo britannico è pesantissimo ma se non disdegnate il Doctor Who, qui c’è ciccia…e soprattutto Amanda Pays.
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FUMETTI
Anche qui c’è un cyberspazio da investigare e di conseguenza scelgo io i miei TOP 3:

TRANSMETROPOLITAN: Spider Jerusalem è un giornalista d’assalto in un mondo completamente uscito da un romanzo di Gibson. C’è tutto quello che cercate, dalle corporazioni agli innesti passando per le droghe e Spider si sballa di brutto (fino a farsi di eroina direttamente con la siringa nell’occhio). Una serie ironica, violenta, divertentissima ed intelligente. Nulla di più salutare.

RONIN: Frank Miller lo conoscete tutti ma forse per i motivi sbagliati. Lasciate perdere i 300 palestrati depilatissimi o i supereroi invecchiati male, il buon Frank diede il meglio di se narrando la storia del Ronin che morì uccidendo il demone Agat e di come secoli dopo si reincarnò nel corpo di uno storpio collegato alle macchine in un futuro ipertecnologico. Peccato che anche il demone si fosse reincarnato e la sfida si è solo spostata dal Giappone feudale alla america post apocalittica.

NATHAN NEVER: L’italianissimo (ma dovrei dire sardo a render merito ai creatori) personaggio Bonelli merita il podio per la sua capacità di reinventarsi continuamente. Sono i classici fumettoni da 100 pagine? Sì, ma ogni tot numeri l’ambientazione viene stravolta e tutto cambia per mantenerne il sapore fresco e teso come dovrebbero avere tutte le serie italiane. I temi trattati, nel corso dei decenni, sono spaziati davvero in ogni parte della cultura cyberpunk e ne hanno aggiunti di nuovi, fino a crearsi un mondo pulsante ed originale come pochi altri. Forse l’opera più completa di sempre sul genere.
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VIDEOGAMES
“E ce l’hai fatta ca**o!” direte. Sì raga, ho tergiversato durissimo perchè quando Winona Raiden mi ha detto che sto mese decideva lei e si parlava di cyberpunk ho finito per arrivare tardi su tutto. Deus Ex (uno dei migliori giochi di sempre) lo avevo già recensito, Magnum Cd-I si è già puppato il mucchio delle avventure grafiche ed io sinceramente non avevo un titolo pronto di cui parlarvi quindi vi sparo, anche qui, una bella TOP 3 (escluso Deus Ex).
THE SNATCHER: Kojima è tipo il Dio incarnato dei videogiochi orientali, ma a fine anni 80 non è che avesse carta bianca su tutto. Eppure si beccò una certa libertà quando la Konami gli permise di creare il suo Snatcher, una visual novel con sessioni di sparo. In tutto simile ad un Blade Runner ma con lo stile narrativo che ha reso celebre il nostro. Uscito inizialmente per Nec Pc-8801 e Msx, la versione più nota a noi occidentali è quella per Mega Cd ed è uno spettacolo.
SHADOWRUN: Tratto da un GDR cartaceo particolarissimo: è cyberpunk ma con le razze fantasy. Qualcuno ha notato similitudini con il film Bright? Ok, qui siamo decenni in anticipo. Il gioco è bello, vario e non si sposa benissimo con l’uso del pad (unico neo) ma resta comunque un ottima boccata d’aria nella marea di jrpg di cui era gonfio lo snes. Già perchè Shadowrun fu un caso curioso. Il primo (consigliato) uscì su snes mentre il seguito su Megadrive. Come se non bastasse volete sapere il nome del seguito? Shadowrun.
Complimentissimi all’ufficio marketing!
SYSTEM SHOCK: Uscito per ms-dos con un interfaccia grafica simil Ultima Underworld (in sostanza un rpg in prima persona quando la cosa non era affatto comuni) il giocone della Looking Glass Studios pubblicato dalla Origin, portò con se tutta la voglia di fare bene e il talento per riuscirci. Oggi vi risulterà un esperienza strana e complessa, almeno nelle prime battute di gioco, ma per l’epoca potersi calare nei panni di un hacker in un ambiente simil 3D era un sogno da pecore elettriche.
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CONCLUDENDO
Ci avevano promesso auto volanti ed abbiamo avuto auto “intelligenti” che prendono fuoco da sole. Ci avevano promesso impianti cybernetici e manco siam riusciti a curare il cancro. Ci avevano promesso il cyberspazio e ci hanno dato i social network. Ci avevano promesso Juliette Lewis che balla sexy e ci siam beccati Young Signorino.
Ci avevano minacciato di cambiamenti climatici, povertà diffusa, governi fantoccio, crisi economica e multinazionali capaci di fare il bello e il cattivo tempo e….. hanno mantenuto i pessimi presupposti.
Di certo questo non era il futuro che stavo cercando…ma forse è quello che ci meritiamo!
Citazione:
Solo bastone e niente carota rendono Starfox un cospirazionista furioso!