U€ @niMaLe! C6? Da dv dgt? Scendi dalla pianta! Non stiamo sponsorizzando qualche carriola mangiarane marcata Citroën, né ci siamo dimenticati di comprarci una vocale mentre cercavamo di vincere una battaglia impegnativa contro la f_ga della nostra valchiria cabriolet preferita. Maggio è il mese dedicato ai giochi più punitivi e traumatici della fascia protetta della nostra vida, e il questi giorni di arresti domiciliari ci siamo ricordati di quanto fosse hardcore (il livello di difficoltà, ma anche la libidine) dover rimorchiare nascosti dietro un illeggibile nickname e cercando di sorprendere qualche mandrilla con le nostre raffiche di parole in libertà, cercando di portarcela in pvt mentre sgomitavamo tra troll e mod in quella giungla asociale che erano le chatrooms dei ninetees. E abbiamo voluto alimentare la nostalgia con un racconto developpato durante i claustrofobici giorni della Fase 1, a cui farà seguito un sequel nelle prossime settimane di semilibertà sempre sulle pagine di questa rubrica di categoria. Il game designer è un ospite speciale, cresciuto tra il marciume degli squat di Birmingham e con tanta voglia di posizionare la sua rabbia sociale inespressa tra il pugno cinepanettonico di Johnny Cage e il sottopalla dei suoi avversari. Rapidi sul joypad! Digitate “A, B, B, A, Down, A, B, B, A, Down, Up, Up” and…here HERE COMES A NEW CHALLENGER! CRUSTY CAGE! Mamma mia (Here I go again)!

DISCLAIMER
-Questa storia è di pura fantasia. Ogni riferimento a fatti realmente accaduti o persone realmente esistenti o esistite è puramente casuale. Fate i bravi e non fate casino che la situazione è delicata 😀 –
Consiglio dell’autore: se si vuole abbinare qualche canzone di sottofondo alla lettura, ascoltare:
- Castelvania – Bloody Tears
-
Megaman2 – Dottor Willy Stage.
(ti prendiamo in parola Cage, mooseca!)
Le giornate, durante il lockdown, trascorrevano tutte uguali. Ultimamente passavo il tempo libero giocando, leggendo, oppure navigando su internet o chattando. Facevo parte di una minoranza di persone, ancora legate a quelle che erano le modalità di approccio virtuale di fine millennio scorso: una chat semplice a caratteri, qualche emoticon, nessuna possibilità di vedersi via webcam. Il sito che utilizzavo metteva a disposizione una vecchia modalità di conversazione basata su form HTML dove, per vedere l’eventuale risposta del tuo interlocutore, dovevi o cliccare “ricarica” della pagina, oppure aspettare 30 secondi per il refresh automatico. Si poteva anche disattivare l’invio di foto o video, ma essi venivano comunque processati dal sistema e scaricati con la qualità scadente di fine anni ‘90, nonché simulando la stessa velocità di banda. In rete, venivamo chiamati in senso dispregiativo i “Melancholies”, ma a noi poco importava. La scoperta lenta e l’immaginazione giocavano un ruolo fondamentale.

Era una sera come tante e stavo giocando a Mega Man 2. Il livello di Heat Man, con quelle piattaforme che scomparivano e il fiume di lava sottostante, era complesso. Il pattern era chiaro ma era lungo da memorizzare e la mia concentrazione non era al top. Ragionando, capii che potevo superarlo facilmente utilizzando l’ITEM-2, che mi avrebbe consentito di volare sopra la lava senza diventare scemo ad imparare la sequenza di apparizione dei mattoncini. Questa strategia avrebbe comportato il cambio nell’ordine dei livelli da affrontare. Mi appuntai l’idea e poi spensi la console. Ero stanco, meglio fare qualcosa che comportasse meno sforzo mentale.

Iniziai successivamente a chattare con degli amici “Melancholies”, in una stanza pubblica chiamata “Il Retroamore ai tempi del COVID-19”. Molti utenti stavano raccontando di come questa situazione estrema stesse rafforzando il rapporto con il partner, oppure, di come lo stesse inesorabilmente distruggendo. Si parlava anche di cambio di lavoro o di altri progetti nascosti in un qualche cassetto del cervello. Per tutti stava accadendo qualcosa, tranne che per me.
Pareva una serata come tante quando mi apparve un messaggio privato:
– POSITIVA_FOREVER: “Ciao? E’ un po’ che ti leggo. Che nickname “originale” per il momento storico XD. Fosse solo per quello ti avrei skippato alla grande. Però trovo i tuoi ragionamenti molto fini. Ti va di chattare un po’ in pvt?”
– COVID85: “Ciao! Beh leggendo il mio nickname sicuramente ti sarai fatta un’idea di persona al passo con i tempi e poco originale. Come ben sai, però, in questi sistemi “Old-Style”, non è possibile cambiare nickname e se hai la fortuna di avere un nome che inizia per CO e il cognome per VID ed essere da sempre chiamato COVID dagli amici di infanzia… insomma hai capito. Tu invece? Dal nick mi sembri malata e con poca voglia di uscirne :P…”
– POSITIVA_FOREVER: “WTF!!! Che storia XD!! Ma vaa! Pure io stesso problema! Misi questo nickname anni fa, dopo che uscii da un periodo nero. Mi dovevo imporre e ricordare di essere sempre positiva verso la vita…. Periodo triste anche per il mio nick!!!”
– COVID85: “ahahahah :D… LoL! Rotfl! XD”
– POSITIVA_FOREVER: “Cmq, da dove dgt?”
– COVID85: “Sono di CittàACasoMaAbbastanzaGrande. E tu?”
– POSITIVA_FOREVER: “:O… WOW!!! Anche io!!! Che storia! Magari ci siamo visti in giro e non lo sappiamo”
Parlammo per ore. Per giorni. Era una ragazza brillante, intelligente e molto sensibile. Mi raccontò in confidenza di avere avuto problemi di ansia e per lei le giornate erano diventate un vero inferno. Convivere con questa croce prende il sistema a 24 ore della giornata, lo scardina e ne crea uno tutto suo, composto da paure e ossessioni al posto di ore e minuti. Controllare e tentare di esorcizzare tutto diventa così complesso che la mente si satura, e si arriva a sera distrutti e con una sola certezza: domani sarà altrettanto difficile.
Le confidai del mio malessere, del mio continuo guardarmi indietro e della, ora più che mai, paura di guardare avanti.
Nonostante fossimo complessi e consapevoli che il contesto attuale fosse cibo per l’ansia, ora eravamo sereni ed entrammo subito in piena sintonia. Né io, né lei, sembravamo preoccupati di avere a che fare con una persona “difficile”. In questo momento, avevamo la necessità di sperimentare, di ascoltarci e di non fare vincere le paure e la diffidenza. Eravamo pronti anche noi, in questo surreale momento storico, ad uscire dal nostro guscio.
Ci si teneva molta compagnia e spesso si parlava dei nostri problemi, ma evitavamo con saggezza di alimentarci le ansie. Per il resto si discuteva di tutto: musica, letteratura, arte, la nostra città. Scoprimmo che avevamo fatto le medie insieme, solo che io ero in terza e lei in prima, io ero al piano di sotto e lei al piano di sopra.
Le raccontai di essere un nerd, amante dei giochi da tavolo, di ruolo e dei videogiochi di una volta. Non tolleravo il “Pay To Play”, scaricare continuamente aggiornamenti o avere giochi con funzionalità limitate. Trovavo nei mezzi di un tempo, bug compresi, un potenziale e un fascino difficilmente replicabile. Si trovò d’accordo con me, infondo eravamo nella riproduzione di una chat di fine anni ‘90. I videogiochi non erano la sua passione ma, con mio stupore, trovai una gran interlocutrice per quanto riguardava il mondo dei boardgames.

Eravamo dei “Melancholies” oltranzisti ed entrambi avevamo impedito lo scambio foto, video o allegati di vario genere. Stavamo costruendo l’immagine dell’altro solo attraverso la sua anima, trasposta nei caratteri di una chat obsoleta.
Sebbene avessimo evitato domande esplicite, da alcune chiacchierate su stili di vita o semplici racconti del quotidiano, avevamo intuito qualcosa sulla fisicità dell’altro: io avevo capito che POSITIVA_FOREVER fosse bionda perché mi aveva raccontato che il pavimento di camera sua fosse in legno chiaro, spesso faticava a vedere capelli a terra e questi gli si attaccavano sempre sotto i calzini quando camminava. Avevo capito essere in forma, perché sovente in casa faceva esercizio, soprattutto per dare alla mente quella carica di endorfine utili a bloccare i cattivi pensieri.
Lei stessa si era fatta un’idea fisica di me perché le avevo scritto di quanto la barba fosse cresciuta e che non mi prudeva più come i primi giorni, che i capelli ormai fossero una chioma scura indomabile e che, per colpa della quarantena, stavo mettendo su qualche chilo di troppo.
Passarono le settimane e io ero ormai virtualmente innamorato. Spesso entravo, la vedevo connessa, ma non le scrivevo, aspettando che lei facesse la prima mossa. A volte succedeva, mentre in altri casi passavano giorni senza sentirci, ma io ero convinto che nella sua testa stesse scorrendo lo stesso mio identico pensiero. La mia tesi si avvalorava quando, il giorno successivo, appena uno dei due faceva la prima mossa, iniziavamo a chattare freneticamente come se non ci stessimo sentendo da una vita e come se non stessimo aspettando altro.
Decidemmo anche di tradire la nostra indole estremamente retro e ci scambiammo una foto. L’immagine che mi ero costruito, sempre se questa fosse veramente lei, era corretta, al netto della qualità della foto che era oggettivamente e poeticamente oscena. Non appena zoomavo un po’ non mi pareva più di vedere lei, ma di vedere la versione riccia di Samus Aran in bit e pixel dell’annata 1986.

Non ci scambiammo grandi opinioni sulla foto. Non vi nascondo che l’invio mi produsse un groppo in gola e sudori freddi: idealizzare qualcuno e poi vedere il castello crollare è un grosso trauma. Fortunatamente, anche dopo lo scambio foto, continuammo a chattare, forse più incuriositi di prima.
Passarono i giorni e io avevo una tempesta dentro, ormai indomabile. Decisi quindi una sera di uscire dalla difensiva. Ero sempre stato un timido e con mille ansie, ma ora tutto era diverso. Il mondo e io stavamo cambiando e feci quindi un passo importante:
– COVID85: “Ehi Positiva! Ascolta…ormai l’avrai capito ma…io sono preso da te. Credo di essermi innamorato. Vorrei vederti!”
– POSITIVA_FOREVER: “OMG :O….scusa nn so cosa dire… sono 1 attimo in difficoltà”
– COVID85: “Lo sapevo…è finita…dovevo stare zitto :’(“
Seguirono minuti di silenzio. Forzavo il refresh della pagina anche ogni 3 secondi per vedere se avesse risposto. Pigiavo il tasto F5 con sempre più ossessività. Avevo la bocca secca e il cuore in gola. All’improvviso, dopo l’ennesimo refresh, apparve un suo messaggio.
– POSITIVA_FOREVER: “Ascolta…vediamoci all’ipermercato domani mattina. La spesa si può fare no? L’appuntamento sarà alla corsia dei biscotti alle 11 in punto. TVB ;).”
– COVID85:”!!!!!!!”
– COVID85:”Sono felice. Il primo appuntamento nella corsia dei biscotti di un ipermercato. Ci sarò. A domani. Non vedo l’ora di vederti. :*”
Si disconnesse subito senza aggiungere altro e non ci scrivemmo più per tutto il giorno. Mi domandai se fosse titubante o indecisa su di noi. Quella risposta, temporeggiata infiniti minuti, mi aveva lasciato mille dubbi. In cuor mio però sapevo, o meglio speravo, che anche lei, come me, fosse uscita con difficoltà dalla difensiva. Stavamo facendo qualcosa di straordinario per noi, in un momento straordinario per il mondo.
Questo appuntamento con la storia, così repentino, aveva colto tutti di sorpresa. Dall’oggi al domani, le vite si erano fermate e ogni persona osservava, da dentro casa, il mondo di fuori accartocciarsi su sé stesso. L’universo interiore di tutti, sempre troppo indaffarato e assorbito da una società che ti dice come vivere e come fare ogni cosa, respirava e rifletteva: “sto facendo quello che voglio in realtà? Sono cosa voglio essere? Le mie esigenze, sono veramente queste?”.
Indipendentemente dalle risposte che fluttuavano nel cervello, confuse e contraddittorie, subentrava sempre la resistenza massima che, come un freno a mano tirato, impediva alla macchina della mente di fuggire verso lidi sconosciuti. Siamo delle creature strane: preferiamo la sicurezza dei piaceri di una comfort zone piena di insidie, rabbia e paura, alle infinite possibilità dell’ignoto. Considerare da che parte pende la bilancia dovrebbe essere una priorità nella vita, invece, sovente, fingiamo di dimenticarcene.
I diavoli dell’anima sanno bene dove colpire: nel rimpianto, nel rimorso e nel possibile. Se mi volto e guardo la strada del mio passato, colgo tutti i bivi non presi e tutti gli incidenti con concorso di colpa, ancora lambiti da fumo e fiamme. Se d’altra parte scorgo il mio destino, vedo solo nebbia e un orizzonte in cui la vista si perde.

Pensare quando il mondo corre, è confusione e ansia. Pensare con il mondo che si sta fermando, è una difficile e rara opportunità.
In quel momento, infatti, volevo solo guardare al presente. Di retro doveva esserci solo il gaming e del futuro me ne dovevo sbattere!! Volevo solo pensare alla corsia dei biscotti dell’ipermercato alle ore 11. Per essere sicuro di non vagare verso lidi pericolosi della mente, riaccesi Mega Man 2 con l’obiettivo di superare il livello di Heat Man. Finii per giocare 12 ore di fila e completai tutto il gioco.
“Al minuto 26 uno dei momenti più significativi dell’umanità”
L’indomani mi armai di autocertificazione, sporta e mascherina. Avrei dovuto proporre un piccolo supermercato di periferia, ma l’eccitazione di vedere POSITIVA_FOREVER era talmente alta che non mi balenò alla mente. Mi accorsi anche di non sapere il suo vero nome e lei non sapeva il mio! Non ci eravamo nemmeno scambiati i cellulari.
L’ipermercato, ovviamente, era pieno di gente di tutte le età e di ambo i sessi. Mi diressi subito verso lo scaffale dell’appuntamento, avendo l’accortezza di stare almeno a 1 metro da qualunque persona fosse nel mio raggio di movimento. Dovevo tutelare la mia salute e quella degli altri, e poi la gente era impazzita. Mai e poi mai avrei dovuto avvicinarmi troppo a qualcuno o addirittura urtarlo: avrei rischiato di essere pestato o, ben che fosse andata, preso a male parole.
Arrivai allo scaffale dei biscotti, ore 11 in punto, lato nord. La corsia era trafficata ma ordinata e tra tutte quelle mascherine, cappotti e cappucci non riuscivo a distinguere nessuno. L’ansia prese il controllo di me: “e se non la stessi vedendo? E se lei stesse pensando ad un mio bidone? E se lei mi stesse dando bidone?”
Stavo per avere un attacco di panico quando, per un attimo, vidi attraverso una fortuita combinazione spaziale una ragazza riccia, bionda e snella nell’altra estremità dello scaffale che, munita di mascherina come tutti, muoveva il capo come se stesse cercando qualcuno. L’emozione fu tanta e senza esitazione urlai a pieni polmoni: “POSITIVAAAA!!!”. Mi accorsi solo in seguito che non era la miglior frase da urlare in un supermercato in piena pandemia, soprattutto se dall’altra parte dello scaffale ricevetti come risposta “COVID!!! SONO QUI!!! SONO POSITIVA!!!”. L’emozione ci aveva fatto “leggermente” decontestualizzare la situazione.

Quello che accadde nel supermercato i successivi minuti, fu qualcosa che va ben oltre la più perversa immaginazione umana. Le persone attorno a noi iniziarono a reagire molto male: c’è chi iniziò a correre, chi a urlare, chi a pregare e chi a cercare rifugi di fortuna. Scoppiò un putiferio e persi POSITIVA_FOREVER di vista in mezzo a tutto quel caos. Iniziai a darmela a gambe quando vidi persone poco bendisposte venire verso di me con fare minaccioso. Quel fuggi-fuggi creò paradossalmente scontri e isteria di massa. Mentre cercavo POSITIVA_FOREVER osservai situazioni che mai dimenticherò: persone chiuse dentro scomparti frigoriferi, gente a terra, bottiglie rotte e nerboruti individui che si arrampicavano sopra gli scaffali armati di scope e secchi, minacciando chiunque si avvicinasse.
Cercai per interminabili minuti la ragazza. L’avevo vista, esisteva ed era a pochi metri da me.
Transitai con passo spedito davanti ai prodotti da forno, guardando a destra e a sinistra con movimenti rapidi e visibilmente preoccupati. Dovetti recuperare la concentrazione quando mi trovai dinnanzi a una signora di avanzata età, piccola ma piazzata, che impugnava in verticale una baguette con due mani. Quella versione boulangerie geriatrica del barbaro di Golden Axe, cercò più volte di colpirmi con quel pezzo di pane, ma gli affondi andarono sempre a vuoto. L’ultimo attacco stava per colpire la mia testa quando, con uno scatto che andava ben oltre le mie più rosee aspettative, bloccai la baguette e la spezzai, esclamando con solennità “Fatti guidare dall’ira degli Dei, Kratos!”. La vecchietta indietreggiò di qualche passo, per poi scappare goffamente urlando.

Successivamente mi calmai e mi guardai attorno. Vedere il supermercato ridotto a un campo di battaglia mi rattristò. Da buon nerd, avevo sempre associato questo tempio del consumismo moderno a patatine, birre, bibite e di conseguenza a giochi di ruolo, Lan Party e sessioni di retrogaming. Ero solito fare la spesa pensando a mondi lontani, ambientazioni per la prossima campagna, oppure su come superare un livello di qualche impestato videogioco anni ‘80 o ‘90 con il respawn sadico dei nemici. Il supermercato era quindi, per me, un luogo di sacra meditazione. Appoggiai su un ripiano la mezza baguette che avevo in mano, feci un lungo respiro e, prima di riprendere la ricerca di POSITIVA_FOREVER, pronunciai una frase a me cara, con voce profonda e scandita: “The Sanctity Of This Place Has Been Fouled”!

Il mio passo divenne sempre più nervoso, finché non si trasformò in una vera e propria corsa. Avevo una paura matta che qualcuno le avesse fatto del male e non me lo sarei mai perdonato.
Urlavo il suo nickname come un pazzo, buttando quindi benzina su un fuoco sempre più fuori controllo. Stavo ormai perdendo le speranze: correvo sempre più forte, i miei occhi erano lucidi e la gola iniziava a grattare. Poi, all’improvviso, tutto si fermò.
Finalmente la rividi. Era bellissima e a pochi metri da me e mi stava fissando con i suoi occhi azzurro cielo. Sebbene avesse la mascherina, intravvedevo il suo sorriso dal cambio dei lineamenti del volto. La sua carnagione, un po’ pallida, stava arrossendo. Le mia gambe iniziarono a formicolare e il cuore batteva all’impazzata. Quel momento durò solo pochi secondi, ma sembrò un’eternità.
Intorno a noi la situazione stava degenerando sempre di più. Decine di persone, in preda al panico, facevano di tutto per tenere lontano il prossimo, persino lanciando del cibo: dai prodotti confezionati alla carne, dal barattolame al pesce. Vidi anche volare un enorme polipo che colpì in piena testa un signore di mezza età ben vestito. In mezzo a tutto questo noi eravamo immobili, incuranti, persi in quello sguardo. In filodiffusione “Sing” dei Travis (2001).

Di scatto e all’unisono iniziammo a correre, uno verso l’altra. Le persone sulla nostra traiettoria si gettavano goffamente su pile di casse d’acqua o di tonno in offerta, non appena ci avvicinavamo. Arrivammo l’uno davanti all’altra, ci abbracciammo e ci togliemmo la mascherina. Lei era infinite volte più bella di quell’ammasso di pixel che mi aveva inviato. Senza dirci nulla, neanche il nostro vero nome, ci baciammo, del tutto distaccati dal mondo che ci stava attorno. Quel momento, il presente, era solo nostro.

“C.U. LTR!”
Geniale come il suo autore! Attendiamo trepidanti la fase 2!
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