Salve a tutti, carissimi fan Bit-ellonici.
Sono sempre io, il vostro adorato Magnum CD-i, pronto come al solito a portare un po’ di sana oscurità in queste assolate giornate estive.
Qui alle Hawaii la situazione pandemica è ancora tutt’altro che risolta ed il lavoro, come vi raccontavo, non abbonda. Monique (la mia fiamma francese) è tornata per qualche tempo dai parenti a Rouen, quindi ho senza dubbio molto tempo libero. Per fortuna a villa Masters c’è sempre qualcosa da fare, soprattutto quando si parla di far manutenzione a tutte le vecchie macchine che custodisco gelosamente (auto o computer che siano). Ero giusto impegnato, poco fa, nel cambiare la batteria interna di un PC di fine anni novanta, quando squilla il cercapersone. Chi sarà stavolta?
Il buon Starfox è in missione su Titania, il grande Segata Kenshiro sta malmenando gli allievi deviati del retro-giardino zen, l’amata Winona (se lo legge Monique sono finito) allena le reclute per il torneo estivo di MK e il mitico Cummenda sta passando in rassegna le sue proprietà sulla riviera romagnola. Ahhh, è il nuovo arrivato del team, CrustyCage, che mi invita alle riprese del suo nuovo film, e mi ricorda che stavolta il tema del mese è incentrato sui giochi che si finiscono veloci (a differenza degli articoli che scrivo 😉 ).
Avete mai sentito parlare di Rainbow Studios? Prima che qualcuno pensi a Iginio Straffi e alle Winx, vi fermo subito. Non è la compagnia fondata dal sedicente regista italiano, ma uno sviluppatore storico di videogiochi con sede in Arizona. Conosciuti principalmente per serie dedicate al mondo delle corse, sia a due che a quattro ruote (Motocross Madness, ATV Offroad, MX vs ATV, Cars) con variante su Jet Sky (Splashdown), i Rainbow hanno un portfolio tutt’altro che esiguo, con in aggiunta qualche extra come Star Wars Racer Revenge su PS2, Deadly Creatures sulla Wii e l’originale Dood’s Big Adventure, sempre sulla console Nintendo.
Quello che molti non sanno, però, è che il cammino dei Rainbow è iniziato in modo radicalmente diverso, nell’ormai lontano 1995. Lo sviluppatore americano, per un certo periodo, si era infatti specializzato nella produzione di sparatutto su rotaia, con sequenze interamente pre-renderizzate in computer grafica.
Il primo titolo fu The Hive, un rail shooter tutt’altro che incredibile (soprattutto per il livello di difficoltà mal bilanciato), ma che mostrava una qualità tecnica notevole. Il loro progetto successivo, Ravage DCX, seppur ancora lontano dall’uscita, prometteva a sua volta di migliorare ancora l’ottimo lavoro svolto sul predecessore.
La bravura del team colpì anche Microsoft, che aveva da poco iniziato a pubblicare in prima persona titoli che mostrassero le capacità del neonato Windows 95. L’accordo tra Rainbow ed il colosso di Redmond andò a buon fine e, alla fine del 1996, arrivò Deadly Tide, anticipato da una grande campagna pubblicitaria (il trailer era presente anche sul disco stesso di Windows 95).
Ricordo ancora l’impatto devastante che ebbe su di me quando lo provai al Future Show di Bologna, nel 1996. Sembrava di essere all’interno di un film di fantascienza, l’ambientazione subacquea era ricreata in modo magistrale ed io ne rimasi conquistato. Riuscii a farmelo regalare da mio padre per Natale e ne fui incredibilmente contento, tanto che la mia copia fa ancora oggi bella mostra di sé sopra la scrivania dove lavoro ai casi da risolvere.
Siamo nel 2245; una razza aliena ostile arriva nel sistema solare, diretta verso la terra.
Le forze di difesa riescono a distruggere una delle navi da sbarco, ma le altre scendono sul nostro pianeta e si stabiliscono sul fondo dell’oceano atlantico. Il livello delle acque inizia a crescere costantemente, minacciando la sopravvivenza della nostra specie. Cinque anni dopo la situazione è disperata: gli oceani ricoprono l’88% del pianeta e la Earth Ocean Alliance, formatasi per fronteggiare l’emergenza aliena, tenta una mossa disperata costruendo l’Hydra, un caccia sottomarino che potrebbe ribaltare la situazione. La base principale viene però attaccata all’improvviso, costringendoci ad una fuga precipitosa.
Graficamente Deadly Tide mette fin da subito in mostra l’alta qualità delle sequenze pre-renderizzate; nonostante oggi la compressione video mostri i propri limiti, non si può che rimanere colpiti dalla bellezza delle ambientazioni sottomarine, a cui si unisce una regia generale assolutamente d’impatto, tra le migliori che il genere “su rotaia” abbia mai offerto. La stessa attenzione si riscontra anche nel design delle strutture umane ed aliene, con punte di eccellenza per i mezzi subacquei. I nemici, bidimensionali e sovrapposti al video, sono realizzati in modo convincente, così come le sequenze statiche dove potremo ruotare la visuale a 360 gradi (ne parleremo più sotto).
Il comparto audio è anch’esso ben realizzato; la colonna sonora di Mark Stratford è orchestrata e sottolinea perfettamente i momenti chiave del gioco, aiutata anche da un’alternanza con silenzio e rumori di fondo per le sezioni “a piedi”. Gli effetti, a loro volta, sono di ottima qualità ed aiutano fin da subito ad immergersi nell’atmosfera. Il doppiaggio in inglese è generalmente ben realizzato, ma se preferite potete recuperare la versione in lingua italiana, che non sfigura affatto con l’originale.
Deadly Tide, come ho detto, è uno sparatutto su rotaia. Il nostro scopo sarà quello di sopravvivere, cercando al tempo stesso di distruggere più nemici possibile. Nonostante la formula sia molto classica, Rainbow Studios ha pensato di aggiungere qualche interessante elemento. Innanzitutto affronteremo alcune sezioni lontani dal nostro mezzo, in un’atmosfera generale più cupa ed oppressiva. In alcuni momenti poi ci fermeremo e potremo ruotare la visuale a 360 gradi, senza alcuna restrizione dovuta ai filmati. In alcuni di questi momenti sarà anche possibile scegliere percorsi alternativi per arrivare al nostro obiettivo.
La nostra arma principale sarà un laser con colpi illimitati, che dovremo però evitare di far surriscaldare. Per le situazioni più difficili potremo invece usare alcune potenti bombe, che saranno fornite in numero ovviamente limitato.
Il livello di difficoltà è generalmente ben bilanciato, anche se nelle sezioni con visuale libera aumenta forse un po’ troppo, a causa dell’imprevedibilità degli attacchi avversari. La presenza di tre livelli di difficoltà mitiga comunque il problema, permettendo a tutti di potersi godere il gioco.
Il vero problema del titolo è la longevità: nonostante sia distribuito su quattro dischi, non ci metteremo molto ad arrivare ai titoli di coda. Questa è chiaramente una questione piuttosto comune per il genere dei rail shooter, che da sempre soffre di questo grosso limite. Nonostante tutto, però, Deadly Tide è ampiamente rigiocabile anche a distanza di anni ed offre un paio d’ore di svago alla vecchia maniera, senza troppi fronzoli.
Il sistema di controllo prevede la possibilità di utilizzare il mouse oppure un bel joystick (come il Sidewinder 3D Pro, il mio preferito dell’epoca); il titolo è, tra l’altro, compatibile con tutti i sistemi operativi Windows fino al 7, ma dovrebbe girare senza problemi anche sulle ultime versioni.
Se vi piace il genere, dategli un’occhiata: vale certamente la pena.
Piccola nota conclusiva; Deadly Tide doveva diventare un film in computer grafica, chiamato Blue Planet. La particolarità del progetto, che avrebbe ampliato ed approfondito la trama presente nel gioco, era che fin da subito era stato pensato per un pubblico adulto (come potete scoprire nell’unico trailer superstite, che trovate su Youtube) e questo ne avrebbe fatto la prima vera produzione totalmente in CG ad essere proiettata verso quel target. Purtroppo questo, probabilmente, tenne lontani gli investitori ed il progetto si perse quindi nel nulla.
Rainbow Studios cambiò la tipologia di sviluppo e si concentrò (sempre con Microsoft) ai due Motocross Madness. Il resto, come si usa dire, è storia.
Mentre le stelle si affacciano timidamente nel cielo pomeridiano, mi trovo a guardare per l’ennesima volta la confezione di Deadly Tide. Stasera potrebbe essere il momento giusto per inserirlo ancora una volta nel drive, ho giusto un Pentium 166 da provare. Come direbbe un mio carissimo amico, è da criceti rigiocare sempre ai soliti titoli, ma in questo caso penso si possa fare un’eccezione, anche solo per ricordare i meravigliosi tempi che furono.
Magnum CD-i