
Bentornati al Dojo, miei giovani PandaVan!
Natale è alle porte e la tradizione della Sacra Scuola Kalinske ci chiede di festeggiare tutti assieme, maestro e discepoli, raccolti intorno al camino scambiandoci storie natalizie, bevendo ettolitri ed ettolitri di Sakè delle migliori distillerie dei Carruggi di Nagoya e, ovviamente, prendendosi a sganassoni sulla faccia come se non ci fosse un domani che tanto, grazie all’alcool, il dolore lo sentiamo dopo il 6 gennaio.
Per farvi entrare nell’atmosfera giusta sarò il primo a condividere con voi una storia importante. Il 2021 è il trentesimo anniversario della mia iniziazione a discepolo del Grande Porcospino Blu. Ad essere sincero però, il primo gioco che entrò nel nuovo e fiammeggiante Mega Drive arrivato in casa Kénshiro quel 25 Dicembre 1991 non fu Sonic ma…Golden Axe.
Non ve lo aspettavate eh?
Vi faccio sempre dei turbopipponi su quanto è fico Sonic, quanto è bello Sonic, quanto spinge Sonic e poi non è nemmeno stato il titolo con cui inaugurai la console. In realtà, scegliere Golden Axe come titolo di apertura per il me novenne non sembrava una scelta tanto strana.
Nei miei primi anni di vita feci spendere ai miei genitori letteralmente una fortuna sul cabinato. Ogniqualvolta la mia strada si incrociava con il gioco Arcade nei bar o nelle sale giochi della mia città, ci scappava sempre una partita. Avere finalmente una buona conversione fra le mani e che l’immaginazione di infante trasformava immediatamente in Arcade Perfect non aveva prezzo e quindi dovevo provarlo subito, prima di qualsiasi altra cosa.
Sonic era un gioco della Madonna e lo sapevo bene ma, in quel momento, poteva aspettare ancora una mezz’oretta per entrare nella mia vita e cambiarla per sempre.
Quindi inserii la cartuccia che aveva quell’odore di silicio che dopo tanti anni ancora riesco a sentire se ci penso, accesi il Mega Drive e…BOOM, mi esplose il cervello.
Appena vidi il logo roteare rimasi folgorato. Non aspettavo di trovarmi davanti ad una roba così bella e vicina ai giochi da bar rimanendo in casa mia. Schiacciai Start, scelsi il barbaro e cominciai a giocare.
Per quelli che hanno vissuto su Omicron Persei 8 negli ultimi quarant’anni, Golden Axe è un Hack‘n’slash / picchiaduro a scorrimento nel quale bisogna principalmente farsi strada per i vari livelli a suon di spadate, calci e magie.
Direi che è il caso di analizziamo tutto per bene, punto dopo punto, come sempre!
LA STORIA
La trama riprende a piene mani la tradizione del fantasy più classico e testosteronico. Il regno di Yuria è in tumulto: il malvagio Death-Adder è riuscito a mettere le sue manacce giganti sulla leggendaria Golden Axe e grazie ad essa ha rovesciato l’equilibrio del paese. Dopo aver rapito i regnanti ed averli appesi come salami, ha cominciato a fare il bello ed il cattivo tempo, uccidendo innocenti, alzando le tasse e spegnendo i semafori agli incroci, giusto per vedere cosa succede.
I nostri tre protagonisti, J-Ax Battler, Tyris-Flare e Gilius Thunderhead decidono di intraprendere una missione per liberare il regno e vendicare i loro familiari morti a causa del supercattivo di turno.
Dopo tutto questo tempo però, non ho ancora capito una cosa: Death Adder ha ammazzato i parenti a Grazia, Graziella e Graziealnano e loro decidono di andarlo a prendere a calci in culo solo quando il loro amico Alex viene selvaggiamente massacrato da dei thug casuali.
La famiglia no. L’amico random sì.
IL GAMEPLAY
In Golden Axe, ogni personaggio è caratterizzato da un livello di forza bruta più o meno elevato che viene però bilanciato dalla potenza magica. Questa può essere utilizzata raccogliendo pozioni di Mana che andremo a prendere dai maledetti folletti vestiti di blu che compariranno di tanto in tanto negli stages.
La magia è suddivisa in vari livelli a cui corrispondono diverse spell, che variano nel numero e nell’efficacia in base al protagonista che controlleremo.
Ax è praticamente la reincarnazione fantasy di Medioman: un personaggio equilibrato che picchia il giusto e che utilizza la magia della terra, che fa male ma non malissimo.
Tyris fisicamente è una pippa colossale. Per ammazzare i nemici ci si mette molto di più che con gli altri due omini. In compenso evoca draghi e robe fiammeggianti che gli altri due se le sognano di notte.
Gillius, lo gnomo armato di ascia, padroneggia la magia del tuono ma, da buon nano, gli importa una sega delle spell e preferisce picchiare come un fabbro ferraio sotto MDMA.
Il gameplay è abbastanza semplice. Si va avanti ad eviscerare tutto quello che ci si para davanti, boss inclusi. Ogni livello è inframezzato da un breve bonus stage a tempo, nel quale i follettidemmerda verranno a rubarci le pozioni. Noi dovremmo calciocularli per riprenderci il maltolto, sotto forma di ampolla mana o cibo, che andranno a rimpinguare rispettivamente la barra della magia e della vita.
Il cammino che porta allo scontro contro quel belinone di Death-Adder si srotola attraverso sei livelli: durante il primo ci avventureremo sulla strada che porta al Turtle Village, che raggiungeremo nel secondo quadro. Qui incontreremo per la primissima volta i maledetti scheletri, nemici iconici che ci perseguiteranno per tutto il resto del gioco.
Il terzo quadro non ho mai capito dove sia ambientato. Credo che sia tipo la periferia del villaggetto, una sorta di Quarto Oggiaro medievale dove, al post del Ras del Quartiere, c’è un tamarro in armatura completa che funge da boss di fine livelli.
Il quarto stage è figo abbestia. Il Fiend’s Path ci porterà a combattere contro orde di scheletri su quella che scopriremo poi essere, nel livello successivo, un enorme aquila gigante.

Il quinto livello è brevissimo, con pochi nemici che difendono la strada verso lo scontro finale. Uccisi altri due tamarri in armatura siamo pronti per la sfida finale contro Death-Adder.
Prima de menaje, avremo a che fare con un po’ di sgherri random, perché fare subito una boss fight pareva brutto. Il mostro “finale” di questo gioco è una discreta colonscopia se non lo si sa affrontare con la giusta preparazione che SOLO la Sacra Scuola Kalinske può darvi.
Ad ogni colpo andato a segno toglie una barra di energia e ha una magia tipo scossa elettrica a ricerca automatica capace di attraversare tutto schermo verso la nostra direzione. Questa, fortunatamente, è evitabile con un salto piazzato al momento giusto. L’unico punto a nostro favore è che Death Adder mentre lancia la sua magia non può attaccare.

Dai, lo so che siete intelligenti e che avete capito: la tattica per fare il boss è: aspetta la magia, schivala, picchia il boss prima che si alzi in piedi. Sarebbe tutto molto semplice, se non fosse che il bastardo s’è portato dietro due scheletri che menano come se non ci fosse un domani.
Una volta sconfitto il cattivo di fine di mondo, i regnanti saranno salvi, verranno calati giù da una carrucola che i programmatori di SEGA si sono scordati di disegnare e finalmente potremmo goderci il finale del gioco.
Oppure no.
La principessa ci dirà che secondo lei Death-Adder era solo un servo di un male più grande, che si cela dentro il castello. Visto che la tipa sembra piuttosto convinta di quello che dice, entriamo e andiamo avanti verso il settimo Stage.
Ci ritroveremo in un dungeon non troppo difficile ma pieno di dirupi e strapiombi dove si rischia di perdere tonnellate e tonnellate di vite. Passato anche questo ostacolo, ci ritroveremo davanti al deus ex machina dell’intero gioco: DEATH-BRINGER.
Questo tizio dal nome cazzuto non è nient’altro che una versione verde in armatura viola e iper-pompata di Death-Adder che mena molto più forte, tira pure lui i draghi ed ha come compagni di merende due scheletri che sono praticamente immortali.

Sconfiggendolo potremo gustarci il finale più lungo della storia del Mega Drive.
Nei vari livelli, di volta in volta, potremo trovare anche delle meravigliose cavalcature: un coso che sembra un pollo con la coda lunga, un drago grigio che spara fiamme a terra ed uno rosso, che sputa palle di fuoco.
La versione Mega Drive ha altre due modalità, oltre a quella Arcade più classica. La modalità Beginner ci permette di giocare solo i primi 3 livelli, con nemici con l’intelligenza di un barattolo di maionese ed una versione light di Death-Adder che muore se lo guardi male.
La cosa più particolare però rimane la modalità “The Duel”. Qui potremo affrontare in uno scontro 1 contro 1 un altro giocatore. I personaggi selezionabili sono sempre e solo i protagonisti e non sono previsti scontri fra personaggi identici.
Adesso sembra una cosa abbastanza kitsch ma, se pensiamo al contesto storico in cui è uscita, era avanti anni luce. Street Fighter II non era mica ancora uscito a quel tempo e le occasioni di prendere a padellate sulla faccia un amico erano piuttosto limitate!
CONCLUSIONI
Golden Axe è un grande gioco, capace di farmi immaginare ancora adesso di essere un gigantesco barbaro, ignorante come un discorso di Luca Giurato, che si fa largo a mazzate per difendere i più deboli tipo Daltanious.
Secondo me è uno di quei classici che vive in una dimensione unica. Negli anni sono usciti tonnellate di titoli del genere molto più belli sia a livello grafico che di gameplay ma, nonostante la superiorità tecnica, continuo a battermene il belino e a preferire questo.
Golden Axe si è ritagliato uno spazio tutto suo nel cuore degli appassionati e soprattutto nel mio. Oramai non capita più così di frequente che ci giochi ma, quando inserisco la cartuccia o il CD della Sega Classics Arcade Collection, non ci sono per nessuno. Per quella mezz’oretta buona, ritorno quel bimbo di nove anni cicciottello, con gli occhiali ed una pettinatura anni ‘80 improbabile che vuole aiutare la povera gente fatta di pixel a ritrovare la libertà.
Ora che ho raccontato questo mio aneddoto sta a voi condividere le vostre storie videoludiche Natalizie. Qual è quel titolo che vi ha segnato così tanto da ricordarlo ancora e ancora a distanza di trent’anni?
Se non avete niente da condividere potete comunque prendere questi insegnamenti, farne tesoro ed andare a menare dei belini da un’altra parte!
Buon Natale, miei Discepoli!
