Il caos rombante (di Winona Raiden)
Dopo tanto tempo mi spingo nuovamente nel retro nel vero senso della parola – e con “vero senso” intendo “retrogaming” – per parlarvi di un gioco veramente hardcore, una sorta di Jackass dei videogiochi!
Fortunatamente non sarete voi a rischiare la morte bensì le vostre macchinine joystick-comandate: uniche controindicazioni, il multiplayer potrebbe nuocere ai vostri rapporti di amicizia.
Sarà un caso che l’unico gioco di macchine in cui sono vagamente brava sia anche quello che sembra non avere un filo logico nello stabilire le vincite?
C’è chi dice di no, ma è solo perchè non coglie il fascino del chaos.
TRAMA
Un qualsiasi gioco di Micro Machines ha mai avuto una trama? Qualcosa che andasse al di là di una sindrome alla Toy Story in cui quando non ci sono i bambini i giocattoli ballano?
Se c’era a me non è stato detto, e a dire il vero non mi sono neanche mai posta il problema perchè non c’era bisogno di un motivo valido per impersonare uno qualsiasi dei misfits presenti nel titolo e schiantare la propria automobilina in qua e in là.
La trama più interessante è probabilmente la storia della vita dei ragazzini (e ragazzine) che trascorrevano intere estati torride sudando davanti al computer, col ventilatore puntato sul coppino e le mani che si accavallano sulla tastiera. Scomodo sì, ma era un’ottima scusa per non ammettere di aver perso, accusando l’altro di averti urtato il mignolo o altre amenità del genere.
GAMEPLAY
La modalità single player, che noi giovani degli anni 2000 chiamavamo “giocare contro il computer”, è conforme allo standard dei racing game: viene impostato un certo numero di giri da compiere e chi prima arriva meglio alloggia sul podio.
Micro Machines permette di rendere la sfida più piccante, facendo affidamento non solo alla propria abilità ma anche e soprattutto mettendo fuori gioco gli sfidanti in maniera non troppo corretta: potete farli esplodere bombardandoli, sbarazzarvi di loro buttandoli giù da tavoli e tavolini, o anche speronandoli fuori dal tracciato.
Non finisce qui, perché l’estrema velocità a cui sono lanciati i mezzi e la calibrazione dei comandi non proprio curata al millimetro rendono piuttosto difficile controllare la direzione in cui stiamo andando, procurando testa-coda e curve improbabili anche ai migliori piloti.
MMV3 però dà il meglio di sé nella modalità multiplayer, che consiste non più nell’arrivare per primi alla fine del percorso, ma nel raggiungere per primi 5 punti.
I punti si ottengono secondo modalità palesi, tipo quando un giocatore distanzia in maniera significativa gli altri, o se è l’unico che riesce a rimanere nel percorso per un lasso di tempo abbastanza lungo, e anche secondo criteri talmente oscuri che al confronto l’algoritmo di Facebook è trasparente.
Potrete solo giocarci e provare a fare qualche supposizione.
Il gioco prevede anche la modalità “scuola guida”, completamente inutile visto ciò che vi ho appena raccontato, il gioco a squadre e il Party Play, un antenato delle partite online che, con la connessione 56k, solo pochi hanno potuto assaggiare.
GRAFICA & SONORO
Il sonoro chi l’ha sentito mai? Coperta dalle hit dei primi 2000 come “Bomba Boomerang”, “L’Astronauta”, gli incredibili pezzi di Daniele Croft Groff o in alternativa dalle grida di smacco alternate a insulti delle persone con cui giocavo, la colonna sonora di Micro Machines V3 è sempre stata homemade. Quindi sono andata a cercarla adesso solo per voi, e vi posso dire che non mi ero persa un granché. Tra motivetti simpatici nelle pause, frasi incomprensibili pronunciate dai personaggi e rombi di motori, posso dire che ad oggi il mio suono preferito rimane quello della macchina che si trasforma in una palla di fuoco rovente IMPOSSIBILE DA CONTROLLARE dopo essere passata nel distillatore del laboratorio.
Ho invece sempre apprezzato molto la grafica, che con i suoi colori sgargianti, quasi acidi (un richiamo forse alle sostanze usate dai programmatori) e belli saturati rappresenta al 100% il mood degli anni in cui è uscito e mette anche una certa allegria.
Inoltre, all’epoca si cominciava, in ambito videoludico, ad avere l’ambizione di un qualche realismo nelle immagini e in V3 si intravvedeva qualche timida ombreggiatura, l’uso di texture diverse tra gli oggetti e gli ambienti, venne perfino realizzata la profondità di campo e l’inquadratura della gara cambia spesso angolazione. Insomma, per me è sì.
LONGEVITÀ
Micro Machines V3 è un gioco che si ama o si odia (per esempio Bionic Cummenda lo odia, Crusty Cage lo ama), per cui la longevità può variare da 0 a 100 a seconda della categoria in cui rientrate.
Personalmente, lo avrete già capito, ho passato ore e ore a giocarci con parenti, amici e pure “contro il computer”, e ricordo ancora il dramma in famiglia quando il CD-rom, misteriosamente, scomparve. Tuttora non sappiamo che fine abbia fatto, ma i sospetti ricadono tutti su qualche invidioso che lo voleva ad ogni costo.

CONCLUSIONE
Sicuramente non ci si può approcciare a MMV3 con l’idea di un gioco di auto “serio”. Va affrontato con lo stesso spirito con cui si gioca a Carmageddon, ma senza la violenza sui pedoni. Ecco, potrebbe essere la versione cruelty free di Carmageddon! Un chaos controllato, tipo i Cullen che non mangiano esseri umani ma solo animali. E vabbè, ognuno è etico come può!
