La valle, bagnata dalla luce intensa del sole calante, si stagliava a perdita d’occhio.
Il cavallo avanzava a passo sicuro attraverso il passaggio nella foresta, mentre il giovane principe guardava con occhi malinconici quei luoghi in cui aveva passato l’infanzia e che aveva abbandonato per spirito d’avventura. Ma adesso tutto era cambiato; Ecstatica, giovane apprendista del mago di Tirich, era al suo fianco ed il giovane si preparava a fare un trionfale ritorno nella terra natia, dove l’avrebbe certamente sposata. Il loro amore, nato in mezzo all’orrore ed alla paura in quel lontano villaggio maledetto, li aveva uniti e resi più forti. Lui aveva trovato un coraggio che non sapeva di avere e lei, una volta liberata dalla maledizione che l’aveva portata ad evocare creature innominabili, aveva deciso di abbandonare la magia in favore di una vita più serena e pacifica.
La loro vita insieme iniziava sotto i migliori auspici, o così almeno sembrava in quell’idilliaco pomeriggio. Man mano che il castello si avvicinava, però, il cielo iniziò a tingersi sempre più di rosso. Il vento crebbe d’intensità; c’era qualcosa di innaturale nell’aria e,ben presto, un odore nauseante riempì le loro narici.
Il passo del cavallo si fece sempre meno deciso, perché adesso la morte era intorno a loro.
Cadaveri, file interminabili di cadaveri uccisi nei modi più brutali ed animaleschi, costeggiavano l’ultimo tratto di strada prima del castello. Il principe rimase senza fiato. Lui ed Ecstatica avevano fatto tanta strada per dimenticare gli orrori di Tirich, ma adesso qualcosa di inenarrabile era accaduto, qualcosa che non si sarebbe fermato. Il cavallo era agitato, tanto che i due a stento riuscirono a non cadere, prima che la voce calma e profonda della giovane riuscisse ad ammansirlo. Il principe, afflitto nel vedere molti visi amici tra coloro che giacevano ai lati del sentiero, sguainò la spada e fece accellerare l’andatura al cavallo, mentre Ecstatica si teneva forte a lui. Giunti al ponte levatoio, i due si prepararono ad entrare, quando una creatura volante rapì la giovane, mentre un’altra si gettò con violenza sul principe, disarcionandolo e facendolo sbattere con violenza sul ponte di legno. Il dolore fu lancinante, tanto da fargli perdere i sensi. Quando si riebbe, il giovane si trovò bloccato ad una gogna all’interno del cortile del castello, mentre due orchi lo fissavano malignamente. C’era già una picca pronta a recidergli la testa, era solo questione di tempo. D’un tratto, però, una voce femminile, il cui tono ricordava gli spensierati giorni d’infanzia, risuonò nella testa del principe.
“Il male ha preso possesso del tuo regno, o giovane regnante. L’arcimago è stato raggirato ed è diventato il ricettacolo di un’oscura forza antica, che sta distruggendo l’equilibrio. La situazione è grave, ma dobbiamo lottare. Preparati, abbiamo poco tempo”. Era la sacerdotessa, una creatura che vegliava i boschi attorno al regno dal tempo dei grandi fondatori e che tutti i futuri regnanti dovevano incontrare prima della loro incoronazione. Il principe la salutò con grande reverenza, per quanto potesse data la situazione. La gogna si aprì ed il giovane si lanciò di sorpresa addosso ai due orchi, colpendoli con tutta la forza che aveva. Il male non avrebbe vinto, non poteva permetterlo!
Sapete, oggi arriva un traguardo importante per il vostro adorato Magnum. Siamo alfin giunti al quarantesimo articolo scritto per questa compagine di matti retroludici, chiamati anche “Bit-elloni”, e, per l’occasione, non poteva mancare una puntata speciale, dedicata al seguito di quel gioco con cui inaugurai, nell’ormai lontano 2018, la mia presenza in queste lande.
Non ve lo ricordate? Nessun problema, potete recuperarlo qui.
Occhio che poi vi chiedo vita morte e miracoli, eh!
D’altronde si sa, io amo ECSTATICA, c’è poco da fare. Sarà l’amore per i survival horror, sarà l’atmosfera fiabesca, sarà il tocco di humor inglese, sarà la grafica ad ellissoidi, sarà la colonna sonora; per me il progetto di Andrew Spencer ed Alan Maindron è qualcosa di meraviglioso, che mantiene un fascino immutato nonostante il passare degli anni e che spero di far riscoprire a quanti più appassionati possibile.
Così come amo il primo capitolo, penserete, amerò anche il secondo, giusto? Sbagliato!
Con il secondo non me la sono mai detta particolarmente. Non ricordo quanto tempo sia passato, ma il mio approccio si rivelò molto deludente. Forse non ero pronto, o mi ero trasferito da poco alle Hawaii. Potrebbe esser colpa dell’allineamento dei pianeti, fatto sta che rimandai ed ho continuato a farlo per molto tempo. Ebbene, ho oziato anche troppo. E’ ora di darsi da fare, caro Magnum.
I tuoi fan contano su di te!
Eccovi quindi un’analisi fresca fresca di Ecstatica II, fatta da qualcuno che ci ha passato un bel po’ di tempo sopra, maledicendo spesso la crudeltà degli sviluppatori, in modo analogo a quanto accadutomi un paio di anni fa con un certo Dark Souls, che il nostro Starfox mi ha regalato per distogliermi dai miei adorati giochi a filmati (riuscendoci alla grande, dannato lui).
La trama l’avete potuta leggere sopra, anche se ammetto di averla molto enfatizzata (sto scrivendo un libro di racconti, quindi mi tengo in allenamento). Quel che conta è che stavolta siamo prigionieri in un castello (e luoghi attigui) pieno zeppo di creature malefiche, e che dobbiamo riunire un sigillo, chiamato “Elder Sign”. L’arcimago, corrotto dalle entità demoniache, lo ha infatti spezzato e diviso fra i suoi adepti, e starà a noi ricomporlo per evitare la fine del mondo.
Graficamente Ecstatica II mostra dei buoni passi avanti rispetto al primo. Ora il gioco gira sia sotto Dos che sotto Windows ed ha una risoluzione doppia rispetto all’originale (da 320×240 siamo passati a 640×480). Il motore grafico è sempre basato su ellissoidi, dando quella rotondità unica e peculiare che non potete trovare altrove. I fondali sono sempre pre-calcolati ed hanno subito un incremento qualitativo notevole, offrendo scorci semplicemente magnifici, soprattutto all’interno del castello. Come nel primo, sono presenti elementi interattivi, composti sia da ellissoidi che da poligoni nudi e crudi (ad esempio le porte), che qui però sono maggiormente definiti. Impressionante poi la quantità di “inquadrature” presenti: da quello che ho letto sono più di mille e, dopo averci giocato per parecchio, non fatico a crederlo.
Una delle novità presenti è anche la resa cromatica differente a seconda delle locazioni, ottenuta modificando la palette di colori di personaggi e location. Questo rende l’atmosfera ancora più particolare ed ha permesso ai grafici di sbizzarrirsi con soluzioni particolarmente creative.
La resa del nostro (stavolta) impavido protagonista è senza dubbio migliorata, grazie ad un modello maggiormente definito, che riesce a sposarsi bene con l’atmosfera surreale data dallo stile grafico.
Una cosa che però rimpiango è la qualità delle animazioni, che sono anche qui ottime, ma non raggiungono neanche lontanamente il livello di quelle curate da Maindron per il primo capitolo.
I nemici sono anch’essi molto vari e generalmente ben ispirati, oltre che presenti in grande quantità su schermo.
Sul lato sonoro, troviamo un comparto musicale ancora una volta onnipresente, con una resa inquietante e d’atmosfera, soprattutto se utilizzeremo una scheda audio con una sintesi midi particolarmente raffinata (come la storica Soundblaster Awe 32). A questo si uniscono degli ottimi effetti sonori, che però a volte tendono a ripetersi troppo in certe locazioni (in una zona del castello, tra campane che suonano e cani che abbaiano, potreste perdere la pazienza). Il doppiaggio è praticamente relegato alla sola sacerdotessa, che però offre una buona performance. Su urla e grugniti vari di personaggi e creature, niente da eccepire.
Ecstatica II, quindi, si presenta bene e suona in modo appropriato. In cosa si differenzia dal primo capitolo? Se ricordate, l’originale era presentato come un gioco d’azione ed avventura, con una spiccata vena da survival horror (termine che neanche esisteva nel 1994), in cui l’esplorazione contava più che mettersi a tu per tu con buona parte delle creature (soprattutto il lupo mannaro, che era quasi invincibile). Non esisteva alcuna interfaccia a schermo, né inventario. Tutto era molto “realistico” e senza fronzoli, grazie al duo Spencer/Maindron. Nel secondo, le redini sono invece state affidate a Marcus Wagenfuhr, che ha apportato una discreta dose di cambiamenti.
All’inizio, tolta la presenza di una inedita barra della vitalità e di qualche icona extra su schermo, le cose appaiono simili. Siamo sempre prigionieri, dobbiamo esplorare con cura le locazioni, cercare chiavi, attivare meccanismi e trovare armi sempre più efficaci. Tutto abbastanza in linea, no?
Ben presto, però, la vera differenza viene fuori.
Il combattimento qui assume un ruolo fondamentale perché i nemici sono tanti, sia come numero che come tipologia, ed ovviamente tutti hanno un’indole estremamente aggressiva. Oltre alla grande varietà (parliamo di circa settanta creature, non proprio poche per un gioco dell’epoca), va ricordato che hanno il bruttissimo vizio di arrivare da tutte le parti, grazie ad un generoso (per loro) respawn, che non ci lascerà praticamente mai la possibilità di riflettere sulle nostre azioni. Dovremo correre, schivare e colpire a più non posso, pena l’essere soverchiati senza scampo. Si, il gioco ogni tanto ci farà trovare pozioni curative, sia lasciate dai mostri che nascoste all’interno di scrigni o elementi dello scenario, e si, ci sono tre diversi livelli di difficoltà selezionabili, ma non crediate di girare per il castello senza stare in guardia anche in modalità easy.
Stavolta poi avremo anche un tasto per saltare, cosa che ci aiuterà in alcune situazioni, ma ci farà morire in altre, data la costante possibilità di cadere da altezze considerevoli, con esiti immaginabili. Dovremo quindi stare attenti anche a dove metteremo i piedi, persino durante i combattimenti, o sarà un bagno di sangue. A questo si aggiungono trappole più o meno infami (anche letali), per cui salvare ad ogni passo sarà doveroso. Ah, sapete che possiamo cadere anche in acqua e nuotare? E sapete che i pesci che la abitano sono difficilissimi da abbattere? Suvvia, mica avrete creduto di poter sguazzare a mollo senza morire, no? Il gioco, d’altronde, è letteralmente straripante di cadaveri, passati a miglior vita in modi particolarmente cruenti, per cui non ci si dimentica mai che presto potrebbe essere il nostro turno (ci sono anche locazioni con sangue ovunque, giusto per gradire).
Quello che davvero mi ha ricordato l’ormai arcinoto Dark Souls è il senso di spaesamento costante che ci accompagnerà nel nostro viaggio, fatto che però (almeno nel mio caso) ha accresciuto la curiosità. Se però i mostri sono tanti, lo sono anche le armi, che vantano attributi e caratteristiche, compresi scettri magici che colpiranno a distanza e così via. Da un certo punto in avanti potremo anche usare la magia a nostra volta, con colpi singoli o sparando una sventagliata che colpirà tutti coloro che ci stanno intorno. Per ricaricare la nostra barra magica serviranno pergamene, raramente nascoste nelle locazioni, spesso ottenute uccidendo i nemici più forti (non poteva essere così facile, no?). L’esplorazione è resa ancora più interessante da una valanga di zone segrete, che spesso contengono tesori. Questi ultimi, oltre a rifornirci di un po’ di energia quando li raccoglieremo, potranno essere usati per curare la nostra salute, ma il costo sarà alto, quindi saranno da usare solo in caso di reale necessità. Durante la nostra avventura troveremo diversi artefatti ed oggetti, che aumenteranno le nostre caratteristiche e ci permetteranno di esplorare zone chiuse in precedenza (ad esempio un set di porte con sopra un gioiello rosso, apribili solo dopo aver visitato una certa tomba). L’inventario, come nel primo titolo, sarà limitato alle due mani del personaggio, tranne per gli oggetti particolari, che saranno acquisiti in modo permanente.
Lo stato di esplorazione del mondo di gioco, con tanto di oggetti, artefatti, frammenti dell’Elder Sign ed oro raccolto, sarà accessibile in ogni momento premendo il tasto invio. In questa schermata potremo inoltre leggere il numero di nemici passati a fil di spada, cosa che non mancherà di regalare una certa soddisfazione.
Ancora una volta il sistema di controllo è interamente basato sull’uso della tastiera, ma con una disposizione dei tasti totalmente differente dal primo capitolo. Non avremo più la possibilità di camminare con tre diversi tipi di velocità (e poteva far comodo a volte), ma correremo di default, muovendoci pian piano solo se sfioreremo i tasti direzionali. Il metodo di controllo del personaggio sarà sempre in stile carro armato, ma potremo cambiare direzione durante il movimento, senza doverci fermare (a differenza del primo capitolo). Le mosse di combattimento, invece, saranno date da una combinazione del tasto control con le quattro frecce di movimento, mentre le schivate saranno affidate alla combinazione alt e frecce.
Se premeremo ctrl, alt e frecce, accederemo ad un set aggiuntivo di colpi, comprese le magie offensive. Il salto sarà invece affidato al pulsante shift, ma dovrete usarlo solo quando sarete davvero sicuri (a nessuno piace volare dai piani alti dei castelli).
A livello di longevità, Ecstatica II si rivela estremamente più lungo e dispersivo del predecessore. La grande libertà di esplorazione, unita ad una mancanza cronica di certezze su cosa si debba fare in molte situazioni (Dark Souls, sei tu?) aumenta a dismisura la longevità. Se sapete dove andare, diciamo, ve la caverete più o meno in tre ore, altrimenti moltiplicate per almeno sette la cifra.
Il consiglio migliore, ovviamente, è salvare spesso, perché qui la morte si cela ovunque e nessuno vi farà sconti.
Tirando le somme, quindi, com’è Ecstatica II? Personalmente l’ho trovato senza dubbio interessante, per quanto il livello di difficoltà sia tarato a volte in modo alquanto contestabile.
L’atmosfera che si respira e la resa comunque coreografica del mondo di gioco, dopo un impatto iniziale brutale e sconfortante, mi hanno aiutato a calarmi nel giusto contesto. Da lì (salvando spesso), sono riuscito a capire la direzione presa da Marcus Wagenfuhr e, pur non condividendo il cambio di gameplay, ho trovato la fase esplorativa davvero sorprendente e degna di nota.
Se non avessi trovato un singolo, maledetto bug, che mi ha rovinato l’intera partita, lo avrei terminato per la recensione ma, ahimè, non è stato così. Vi spiego cosa mi è successo, così magari non ci cadrete anche voi. Una volta guadagnata l’uscita dal castello, si apriranno diverse zone, cimitero in primis. Concentratevi su quello che vi dice la sacerdotessa (in questo caso esplorare il cimitero) e non partite per la tangente verso sezioni troppo avanzate, in cui sono finito senza rendermene conto. Il circolo di pietre con le amazzoni è stato il punto dove il gioco mi ha dato il bug, presentando meno avversarie del previsto, e lasciandone alcune fuori schermo, impedendomi di fatto di poter raggiungere il pezzo dell’Elder Sign necessario a terminare la sezione.
Ecstatica II è stato, nel tempo, dimenticato praticamente da tutti. Sarà stata l’esclusività per PC, sarà stata la difficoltà davvero elevata, nonché il cambio di giocabilità rispetto al primo, ma oggi sono davvero in pochi a cercarlo o a parlarne. Certo, non che il capostipite sia ricordato come Resident Evil o Alone in the Dark, ma rispetto a questo sembra Dark Side of the Moon a livello di notorietà (tiè Starfox).
In quest’epoca di glorificazione di Souls-like ed affini, potrebbe però valer la pena riscoprirlo, anche perché offre comunque un’esperienza unica e senza dubbio molto particolare.
Non è (ovviamente) disponibile, al momento, in nessuno store (almeno credo), in quanto di proprietà di Psygnosis, le cui IP oggi appartengono a Sony. Spero di cuore che prima o poi qualcuno si ricordi di queste due creature dello studio del grande Andrew Spencer, che purtroppo ha terminato le operazioni poco tempo dopo l’uscita di Ecstatica II (avrei tanto voluto vedere Urban Decay, con la sua ambientazione cittadina e le armi da fuoco).
Se poi qualche appassionato volesse recuperare questo meraviglioso motore grafico a base ellissoidale e portarlo avanti, io sarei veramente il primo a supportarlo.
Questi poligoni ci hanno davvero rotto le scatole, vogliamo roba nuova!
Non mi resta che salutarvi e darvi appuntamento a brevissimo, visto che mi ritroverete qui anche la prossima settimana, come sempre pronto a riportarvi nei meandri oscuri del videoludo, come solo un buon investigatore con la camicia hawaiana sa fare.
EVVIVA GLI ELISSOIDI, EVVIVA ECSTATICA!!!
MAGNUM CD-i