
Bentornati al Dojo, miei giovani Pandavan!
In questo periodo sono successe molte cose nelle sale di questo luogo di abnegazione, in cui tempriamo quotidianamente lo spirito e il corpo a suon di schiaffoni e Stoccafisso con le patate.
Come vi sto insegnando da tempo, la prerogativa del successore della Sacra Scuola Kalinske è quella di trovare le migliori tecniche di combattimento, studiarle, farle proprie e rendere i propri pugni sempre più potenti, così da raggiungere il Nirvana videoludico; quello stato psicofisico in cui non c’è gioco che non possa essere affrontato con una cazzimma che, al confronto, Ibrahimovic sembra il Teletubbies Verde.

Negli ultimi due anni, sono andato alla ricerca di nuove perle del retrogaming in sistemi che non conoscevo, come sua Maestà il Pc Engine, il Sega CD e il 3DO, trovandone un ragguardevole numero e divertendomi tantissimo, soprattutto con le cose più assurde che il Sol Levante potesse offrirmi. Tuttavia, a volte la crescita personale non arriva guardando in avanti, ma buttando un occhio al proprio passato di videogiocatore.
Come nella migliore tradizione orientale, il Maestro appare quando l’allievo è pronto e, nel mio caso, il Sensei si è manifestato sotto forma di Amiga 1200 Escom con Hard Disk, inaspettatamente ricevuto in regalo da un amico.
Ebbene sì, le botte di culo esistono e ogni tanto capitano anche a me. Voi non lo sapete, ma quando ero un giovane studente, oltre al mio fido Mega Drive, possedevo anche un Amiga 1200 che mi fu regalato nel Natale del ’94 e che si distrusse letteralmente per il troppo utilizzo qualche anno dopo.
Il rimpianto di non averlo più mi ha sempre un po’ attanagliato, tanto che ho conservato per tutti questi anni i giochi originali dell’epoca (che ancora fanno la loro porca figura nella Biblioteca della nostra Scuola) con l’idea che, prima o poi, ne avrei ricomprato un altro. Nell’ultimo periodo, visti anche i prezzi che hanno preso il volo nemmeno fossero sul Galaxy Express, avevo quasi accantonato l’idea, ma evidentemente il destino aveva altri piani per me.
Non appena ho acceso per la prima volta in quasi trent’anni un Amiga 1200 tutto mio e non provato per questioni legate [Momento Marchettone ON] ad Arcadia Comics and Games, il negozio che gestisco e che vi consiglio di utilizzare per tutti i vostri acquisti legati alla cultura pop [Momento Marchettone OFF], mi sono ritrovato catapultato in una dimensione di gioco lontana nel tempo ma ancora dannatamente familiare.
Dopo i primi giorni passati a testare un po’ la macchina e a sistemare quei piccoli difetti che il tempo porta inesorabilmente a galla, ho deciso che era arrivato il momento di giocare per davvero, immergendomi in una serie di violentissime sessioni della durata di svariate ore.
Il casino, vista la praticamente sconfinata libreria disponibile, è stato decidere con quale gioco iniziare. Dopo aver esaminato per un po’ i vari titoli, ho deciso di ripartire da uno dei giochilli che più avevo amato e che mi aveva tenuto incollato con la sua atmosfera e per la quantità di bestemmie al metro quadro che mi fece tirare: The Chaos Engine.
Questo titolo, originariamente uscito per Amiga e successivamente convertito anche per la Mokona Bialetti, è un run’n’gun creato dai Bitmap Brothers e pubblicato da Renegade. Il gioco ci lancia a piene mani in un’ambientazione steampunk, che trae ispirazione dal plot principale del romanzo “La Macchina della Realtà” (The Difference Engine) di William Gibson e Bruce Sterling, e lo rivisita in una chiave decisamente più apocalittica.
LA STORIA
In un’Inghilterra vittoriana alternativa, un viaggiatore del tempo in missione di ricognizione dal futuro, non si sa bene per quale motivo, rimane bloccato e la sua tecnologia finisce nelle mani della Royal Society, guidata dal Barone Fortesque, uno scienziato eccentrico, visionario e un po’ testadiminchia.
Questo, si mette a fare reverse enginering su tutti i giocattolini lasciati dal tizio e, grazie alle competenze acquisite, riesce a creare un sacco di robe belle, tra cui un rivoluzionario supercomputer alimentato a vapore, chiamato appunto il Chaos Engine, tanto cazzuto da riuscire addirittura a manipolare lo spazio ed il tempo.
Lì per lì sembrava una cosa buona, tipo quelle scoperte che cambiano l’umanità in meglio. La macchina aveva pure cominciato ad evolversi e ad imparare per gli affari suoi le cose. Sembrava quasi senziente. Fico, no?
Un bel giorno, mentre era lì che gli buttava un po’ di carbonella nella fornace per farlo girare (gli alimentatori Corsair ancora non esistevano), l’infernale macchina decide di assimilarlo a ‘mo di Borg di Star Trek e liberatosi dallo scomodo genitore, cominciare a fare un po’ il cacchio che gli pare.
Gli interessi di questa intelligenza artificiale spaziavano dal riportare in vita creature preistoriche alla creazione di creature, robot assassini, fino ad arrivare all’indiscriminata generazione di fratture nel continuum spazio-temporale. Così, tanto perché gli sembrava da stronzi limitarsi a giocare solamente a scacchi come Deep Blue.
Per evitare il completo collasso del paese e far sì che la situazione non andasse ulteriormente a signorinelle discinte, che già sembrava di stare ad una delle mistiche feste di Arcore, il governo britannico decise di assoldare un gruppo di mercenari esperti e senza scrupoli con l’unico incarico di trovare il motorello del caos, eliminarne il cuore pulsante e porre fine una volta per tutte alla sua avanzata.
IL GAMEPLAY

Come detto prima, siamo di fronte ad un Run and Gun con visuale dall’alto che si dipana in quattro livelli per altrettanti sottolivelli nei quali dovremo farci strada a suon di pallottoloni, uccidere tutto quello che si muove, prendere power up e trovare l’uscita per andare al livello successivo. Per sbloccarla dovremo trovare dei nodi, che riconosceremo perché sembrano dei pali della luce, e attivarli a cannonate.
All’inizio del gioco, dovrete scegliere due personaggi tra i sei mercenari disponibili, ognuno con abilità e caratteristiche uniche. Questi includono il Navvie ed il Thug, esperti in armi pesanti e con più vita degli altri; il Mercenary ed il Brigand, con meno vita dei primi due ma più versatili; il Gentleman e il Preacher, che hanno la salute di Topo Gigio ma sono veloci come scoiattoli ed hanno una selezione di attacchi speciali più ampia. La combinazione dei personaggi influisce notevolmente su come andremo ad affrontare il gioco e sulla strategia che utilizzeremo per affrontare i vari livelli.
Tutto semplice, vero? Nein.
Ogni singolo stage è infarcito di mostri, tizi e schifezze varie che usciranno letteralmente dalle fottute pareti e cercheranno di ucciderci. Complice anche un level design da TSO, il più delle volte saremo costretti a fare delle manovre col joystick da slogarci il polso per evitare di morire male in ogni angolo. Fra questi ci sono i soldati base di Doom, i cugini dei Dalek e Mano Addams.
Fortunatamente, alla fine di ogni mondo, potremo acquistare nuovi power up e incrementare le statistiche dei nostri eroi, così da rendere l’impresa di demolizione di questo I7 con le balle girate un po’ più semplice.
Solo un pochino però.
COLONNA SONORA
La colonna sonora di The Chaos Engine è uno degli elementi che più si distingue del gioco e contribuisce in modo davvero significativo a farci immergere nell’atmosfera del titolo. La musica, composta dal compianto Richard Joseph, autore tra le altre cose delle OST di Cannon Fodder e Sensible Soccer, è un vero e proprio tripudio di elementi elettronici che si adattano perfettamente all’ambientazione vittoriana alternativa e all’atmosfera oscura e tetra del gioco.
Le melodie e i ritmi riescono come pochi altri giochi dell’epoca hanno fatto a sottolineare i momenti di tensione e di azione che contribuiscono a creare un’esperienza di gioco ancora più immersiva, grazie anche alle differenti tracce presenti in ogni differente mondo che enfatizzano l’azione e il dinamismo del gameplay.
Gli effetti sonori del gioco sono curati e fanno grandissimo uso di campionamenti, sia per le voci che per tutti i “rumori di fondo”, dai colpi alle esplosioni. Le frasi “Node Activated”, “Exit Opened”, “Special Power”, dette con il piglio di un pilota di robottoni, sono rimaste nel cuore di chi questo gioco l’ha provato all’epoca anche e soprattutto per l’impressionante qualità che fecero urlare al miracolo, anche nella versione per Amiga 500 e 600.
REPERIBILITA’
Originariamente sviluppato per Amiga in ben 3 versioni (standard, AGA e CD 32), il gioco è stato poi convertito sulle maggiori piattaforme videoludiche dell’epoca: dall’Atari ST, al PC fino a Mega Drive, Super Nintendo e arrivando all’Acorn Archimedes (che se lo ricorda solo Magnum CD-I) c’è davvero la possibilità di giocarlo un po’ ovunque.
Negli ultimi anni, che per noi Bitelloni il 2013 è l’altro ieri, è stato pure fatto un remake per i sistemi Windows, Linux e Mac che è disponibile sia su GOG che su Steam. Quindi, se volete giocarci (e io lo farei, potrebbero arrivarvi dei coppini atomici) potete farlo in qualsiasi modo!
CONCLUSIONI
The Chaos Engine è stato uno dei titoli che più mi è piaciuto su Amiga, fin dalla prima volta che ci misi le mani sopra. Su una cosa devo essere obiettivo: il gioco risente un po’ dell’età per alcune soluzioni di gameplay che sono un po’ superate e che forse, agli occhi dei giocatori più giovani, potranno pure sembrare ingenue.
Se però lo contestualizziamo, incasellandolo nel periodo storico in cui è uscito, ci troviamo di fronte ad una delle pietre miliari per il sistema Commodore: una delle migliori produzioni che i Bitmap Brothers abbiano mai creato.
Ora che sapete tutto quello che c’è da sapere procuratevelo in qualche modo, giocateci e andate a menare il menare il bélino da un’altra parte!
A presto, miei discepoli!
