Chiariamolo subito: Inmost è uno dei giochi più tristi e malinconici in cui mi sia mai imbattuta. È un titolo votato alla tristezza dal suo primo pixel all’ultimo, è come se i Radiohead si reincarnassero in un videogame, è (quasi) come l’episodio Be Right Back di Black Mirror. Ecco, quel tipo di tristezza!
Ci si chiederà perché mai giocarci dunque, a meno di essere degli adolescenti in piena fase depressiva, e la risposta è: beh, perché prima di finirlo non lo sai!
TRAMA
Gli appassionati di thriller, specie se psicologici, ameranno la trovata narrativa: non un racconto che si dispiega in modo lineare ma 4 diversi scenari che si alternano e sovrappongono! Uno è la storia vera, mentre gli altri 3, ovvero i segmenti giocabili, non sono altro che avventure metaforiche vissute dai vari protagonisti, che ripetono in un mondo parallelo e simbolico ciò che è successo in quello reale.
All’avvio di Inmost, il giocatore impersona una bambina che si ritrova chiusa in una camera senza sapere come ci è arrivata né perché. Il rapporto con i genitori, soprattutto con la mamma, è conflittuale e privo di affetto e anche il matrimonio tra i due adulti non sembra dei più felici.
Se fossimo in The Sims, al secondo giorno senza cena arriverebbero gli assistenti sociali a portare via la bambina e nascerebbe il movimento #parlatecidiinmost ma qui è tutto molto più cupo (sì ok, più cupo di Veleno e Bibbiano è difficile).
Scena dopo scena, continuando a utilizzare il personaggio della bimba alternato a quelli del viandante e del cavaliere, si scoprirà l’amaro destino che ha colpito questa famiglia.

GAMEPLAY
Inmost è fondamentalmente un platform, con qualche piccola quest da soddisfare per conto di alcuni NPC in cui ci si imbatte nel corso del gioco. I segmenti del cavaliere, invece, sono dei picchiaduro a scorrimento, in cui non bisogna fare altro che uccidere tutte le ombre che ci si parano davanti. Sebbene la trama del cavaliere sia appunto quella più impegnativa, nel complesso Inmost è un gioco semplice, il cui obiettivo è quello di raccontare una storia. Per questo motivo la parte ludica, che è pur sempre godibile e resa più dinamica dal continuo cambio di scenario, rimane accessibile a giocatori di qualsiasi livello, proprio per permettere a tutti di arrivare in fondo (e farsi un bel piantino).

GRAFICA & SONORO
Il comparto tecnico è veramente di alta qualità e, anche se il mio parere dovrebbe essere considerato sufficientemente attendibile, è corroborato dal fatto che nel 2019 Inmost ha vinto i premi “Miglior Audio”, “Miglior Gioco” e “Miglior Direzione Artistica” agli LT Game Awards!
Il fatto che la Lituania, paese natale del team Hidden Layer Games che ha realizzato il gioco, produca probabilmente non più di una manciata di titoli l’anno, è irrilevante dal momento che vi basta affidarvi ai vostri sensi per confermare la qualità di Inmost.
Il titolo non sarebbe su questo blog se non avesse almeno qualche elemento che si rifà alla tradizione retro, e quello più palese in questo senso è senz’altro la grafica: siamo bidimensionali, siamo pixellati, e ci siamo dimenticati dell’esistenza di colori che vadano oltre la scala di gradazioni del verde e del blu. Il che ci sta alla perfezione, vista l’atmosfera che si vuole creare.
Per quanto riguarda il sound, i compositori hanno alternato sapientemente momenti di musica drammatica ad altri di totale silenzio, donando così una dimensione anche sonora ai sentimenti che viviamo durante il gioco.

LONGEVITÀ
Questo è l’unico aspetto in cui Inmost si trova a peccare. La partita si risolve tranquillamente in 3 ore, quindi una serata di full immersion è sufficiente: potete decidere di giocare poco alla volta per farla durare qualche giorno in più, ma si tratta ovviamente solo di un’illusione. Il playthrough non dura più di così, e se la scelta è comprensibile nell’ottica del racconto, è un po’ meno soddisfacente dal punto di vista della giocabilità. Soprattutto se consideriamo che una seconda partita non rivela nulla di nuovo, se non per la tipologia di giocatore ossessivo-compulsivo che voglia raccogliere eventuali documenti sfuggiti alla prima mandata e/o sbloccare tutti gli achievement di Steam (indovinate chi è quel tipo di giocatore?!).
Va comunque detto che negli ultimi anni i titoli story-driven sono diventati una categoria a sé stante, per cui chi ama e ricerca questo tipo di esperienza videoludica apprezzerà sicuramente Inmost.
Come si suol dire: l’importante è saperlo!

IN CONCLUSIONE: PERCHÈ UN RETROGAMER DOVREBBE PROVARLO?
Per vivere finalmente l’ebbrezza di iniziare e finire un platform nella stessa sessione di gioco!


